Molfetta, 23/02/2022
di Domenico Delli Carpini
NORWOOD (New Jersey) USA
Dal 20 febbraio 2022, America Oggi, uno dei quotidiani italiani più longevi e prestigiosi degli Stati Uniti d’America, chiude i battenti delle pubblicazioni cartacee per entrare nel mondo del digitale.
Con la chiusura - anche se parziale - della “nostra” storica testata, muore un pezzo di giornalismo puro, fatto di duro lavoro, fatica e soprattutto tanta passione.
Gli italiani d’America perdono una voce che, per oltre trent’anni, ha raccontato alla “sua gente” la politica, la cronaca, la cultura, lo sport e soprattutto la comunità, portando ogni giorno una ventata di italianità nelle loro case.
Nato domenica 14 febbraio 1988 sulla scia di un altro glorioso quotidiano (“Il Progresso Italo Americano della famiglia Pope”), per continuare una tradizione giornalistica d’eccellenza e narrare l’America degli italiani e agli italiani nelle sue molteplici sfaccettature, America Oggi negli anni ha subito ben poche trasformazioni.
La prima edizione fu “partorita” non senza patemi d’animo, mille difficoltà economiche e qualche lacrimuccia dalle rotative della JB Offset davanti a 23 coraggiosi soci della Cooperativa Nuovo Progresso (rinominata nel 1990 “Gruppo Editoriale Oggi, Inc.”). Nel 1999 arrivò l’accordo (e in seguito la rottura nel 2016 dopo 16 anni di “matrimonio”) con un’altra testata nazionale italiana di prestigio come “La Repubblica” di Roma.
America Oggi ha sempre espresso un giornalismo indipendente, frutto di una scelta editoriale rivelatisi vincente, non solo nel contesto giornalistico ma anche in quello economico tanto che nel giro di soli due anni il quotidiano passa dalle 3 mila copie al giorno a oltre 30 mila con una rete diffusionale che supera le 2000 edicole nel “Tristate”, New York, New Jersey Connecticut. Nel 1990, l’anno dei Mondiali di calcio in Italia, America Oggi inizia un periodo glorioso e una crescita inarrestabile che culmina con il record di copie stampate (e vendute) per la finale dei Mondiali di Usa ’94: 50 mila.
Un successo senza precedenti che affonda le sue radici non solo nella professionalità editoriale e redazionale del quotidiano ma soprattutto nel ruolo che America Oggi era riuscito a ritagliarsi, e con merito, nel mondo della stampa americana.
Famosa fu nel 1990 la foto apparsa su tutti i giornali italiani di Baggio che leggeva America Oggi. Prima e durante i mondiali gli articoli e i commenti, spesso critici, sugli Azzurri di Sacchi vengono ripresi dalle maggiori testate americane tra cui il New York Times e da quelle internazionali come il London Times, che citando il “nostro” giornale scrive: “Secondo il quotidiano in lingua italiana negli Usa (America Oggi), con Sacchi l’Italia non vincerà i Mondiali”.
Una profezia avveratasi a metà visto che la Nazionale perse il quarto titolo mondiale contro il Brasile nella storica finale di Pasadena, in California, ma solo ai rigori. La scia del successo editoriale e imprenditoriale continua inarrestabile e nel 1998 sfocia con un accordo con il New York Times che “piazza” America Oggi nella sua vastissima area diffusionale offrendo ai lettori la possibilità di acquistare le due testate a $ 1.
È un successo editoriale che non ha precedenti nel giornalismo italoamericano: il numero delle copie stampate sale vertiginosamente. Con le copie aumenta anche l’interesse per il nostro quotidiano che per far fronte alla sua crescita e grazie alle entrate potenzia la redazione con l’assunzione di giornalisti e poligrafici portando il numero del personale da 20 a 41 dipendenti.
L’accordo con il New York Times poi porta nel giro di poche settimane la presenza di America Oggi da 2500 edicole a oltre 3200 e con l’avvento nel 1999 de “La Repubblica” l’area diffusionale viene allargata agli otto Stati della costa Atlantica degli Usa e alle grandi città dove la presenza degli italiani è nutrita: Boston, Philadelphia, Washington, Miami, Los Angeles e Chicago. America Oggi cresce e per consolidare il suo ruolo di leader nel mondo del giornalismo italiano in America, il quotidiano investe nel futuro trasferendosi in locali più ampi e acquistando nel 2008 nuove rotative dalla Goss che consentono di stampare il giornale in una foliazione maggiore e in quadricromia.
Ma invece dell’inizio di una nuova era, il 2008 è caratterizzato dall’avvento infausto di una depressione economica che incide non solo sul futuro di America Oggi ma su tutta l’economia americana. Il fatturato, fino allora in continua crescita, è dimezzato; l’anima del commercio, la pubblicità che per oltre vent’anni aveva contribuito all’esplosione di America Oggi, falcidiata. La diffusione subisce un calo drammatico e la carta stampata, fino allora regina incontrastata del mondo dell’editoria, finisce inghiottita dall’incombente mondo di Internet. L’era del cartaceo è finita, inizia l’era del digitale e con essa la scomparsa, lenta ma inarrestabile, dei giornali.
Il colpo di grazia arriva con la pandemia da Covid, ma America Oggi era già da anni attaccata al respiratore di una passione che va oltre i limiti del comprensibile e della tollerabilità. Abbandonata da diversi soci in fuga, nel 2014-2015 America Oggi si trova a dover gestire una situazione disastrosa economicamente sorretta soltanto dalla volontà ferrea di un direttore che non vuole mollare e da una manipolo di giornalisti, poligrafici che, come lui vogliono continuare perchè ci credono, anche a costo di sacrifici enormi.
D’altra parte accade in tutte le buone famiglie che ad esempio uno dei figli vada via per far parte addirittura di una società che pubblica un giornale concorrente diretto, passando la difficile fiaccola dell’eredità a chi resta. Sono anni difficili durante i quali spesso le speranze sono vacillate ma la passione non è mai crollata. Anni in cui America Oggi ha vissuto sostenendosi sulla fatica e sul duro lavoro di pochi, senza mai tuttavia sacrificare la sua libertà editoriale, qualche volta contestata ma mai compromessa, senza mai cedere alle insidie dei “rematori contro” e non perdendo mai stimoli, qualità e mordente, nonostante tutto e tutti.
E, bisogna riconoscerlo, grazie anche al dispositivo di legge delle provvidenze dello Stato per l’editoria ai quotidiani editi e diffusi all’estero. Ora America Oggi chiude i battenti del cartaceo strizzando l’occhio al nuovo mondo: il digitale. Quello delle notizie immediate lette sui telefonini e sui PC, divorate in nanosecondi tra un caffè, un cappuccio e una ciambella, preferibilmente con la crema. Quello edulcorato dalla pubblicità onnipresente, quello che cambia il mondo con un cinguettio, quello che ha ammazzato, santo iddio, la carta stampata. Ma questo non è il tempo di rimpianti nè di coccodrilli.
La scomparsa di America Oggi, però, lascia tanti orfani, alcuni dei quali stentano ancora a crederci, e uno stuolo di collaboratori sconsolati, soprattutto quelli che in questi anni hanno contribuito al successo di Oggi 7, l’inserto settimanale di approfondimenti del giornale.
Tuttavia il nuovo corso potrebbe dare la scossa a quello che oggi cede il passo ai tempi. Se è vero che un giornale non perde mai la sua entità, è altrettanto vero che America Oggi continuerà a essere nel futuro l’anima e l’ispirazione del giornalismo italiano in America. E delle idee. Il giornalismo, come la medicina, scriveva un saggio editorialista tempo fa, non è solo una professione, ma una missione sociale.
Ma quando un giornale muore, in questo caso nella sua versione cartacea, è sempre una sconfitta, o meglio dire, un lutto che ti rimane dentro vita natural durante. Perchè un giornale come America Oggi era, e speriamo continuerà ad essere nella sua versione digitale, la piazza libera di un pubblico di lettori, quello italiano e quello italoamericano, che esprimeva le sue idee senza timori di ritorsione.
Una piazza ampia su cui splendeva ogni giorno il sole dell’indipendenza giornalistica . Attraverso la sua pluralità d’informazione America Oggi rifletteva una voglia illimitata di capire e di sapere. E di leggere. Il “nostro quotidiano” era un capezzale dove poggiare la testa, un territorio dove costruire la casa dei sogni, una sede trasparente come una cancellata aperta, il luogo delle storie della nostra comunità, il porto di vite vissute e raccontate, l’insieme di tutto e di tutti. Un angolo di paradiso e un crogiuolo di affetti. Questo era America Oggi. Una piazza immensa che ascoltava le voci dell’America e quelle dell’Italia, un approdo e uno sfogo per le nostre emozioni e per le nostre vite dove, sornioni, si annidavano i sogni di una generazione testarda che aveva sovvertito e smentito tutti i pronostici per diventare parte di un miracolo editoriale che non ha riscontro nella storia del giornalismo in America.
Ventitrè sognatori in cerca d’autore capaci di trasformare una realtà piccola nel suo insieme in un gigantesco motore imprenditoriale. Un esergo da mettere in bacheca o forse a corollario del libro del giornalismo del futuro perchè si legga fra mille anni, magari con la stessa nostalgia che oggi ci colpisce e ci fa trattenere, a stento, le lacrime dell’emozione.
Nel suo ultratrentennale percorso giornalistico America Oggi ha ospitato nelle sue pagine grandi firme e grandi personaggi, dal mondo della politica a quello dello spettacolo, da quello dello sport a quello della cultura, si è fatta promotrice di eccezionali eventi anche umanitari, ha raccolto fondi per i terremotati in Irpinia ed Emilia, è stata in prima linea per la difesa dei nostri connazionali all’estero, si è battuta per il riacquisto della cittadinanza e ha partecipato da protagonista alla battaglia per il diritto di voto degli italiani all’estero.
Cosa ha portato lo storico quotidiano a questo cedimento? Internet e l’era del digitale di sicuro, ma anche un impietoso trasformismo mediale e l’impennata dei costi di produzione e stampa che hanno mutato il giornalismo in un lavoro quasi mercenario. Così giornali come il nostro sono diventati agnelli sacrificali di un mondo in continua evoluzione. Un mondo che nella sua corsa forsennata ha travolto speranze e sogni, vite e ideali. Non ci siamo arresi perchè stanchi, ma perchè inermi e forse anche impreparati per contrastare l’evoluzione mediatica globale.
Certo, ognuno ha le proprie responsabilità, ma nessuno può addossarsi le colpe per una chiusura tanto drammatica quanto dolorosa. Sarebbe opportuno fare una riflessione forse più profonda, ma oggi la nostalgia di un passato non tanto remoto ce lo impedisce. Una cosa non abbiamo perso in tutti questi anni di lavoro: la dignità. E di questo andiamo fieri. La tragedia della pandemia da Covid, che ha contribuito al declino del giornale, ci ha insegnato tante cose, alcune crudeli, altre brutali.
Tante umanamente inspiegabili come la morte. Oggi, invece di celebrarne la scomparsa, voglio ricordare con orgoglio America Oggi nel suo splendore e abbracciare fortemente tutti quelli che hanno partecipato a un’avventura incredibile durata trentaquattro anni. A loro, da queste ultime pagine, un grazie dal profondo del cuore.
fonte web americaoggi.us
Riproduzione riservata. La riproduzione è concessa solo citando la fonte con link alla news.