Ormai e' una consuetudine per molte famiglie italiane comunicare via Skype e via Whatsapp

 

Ormai e' una consuetudine per molte famiglie italiane comunicare via Skype e via Whatsapp

 

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Molfetta, 29/12/2019


Laureati in fuga dall'Italia: tutti i numeri di un'emergenza nazionale
L'analisi di due studenti italiani ad Harvard che mette insieme le statistiche su chi fugge dal nostro Paese. E smentisce molti luoghi comuni

Noi dell'associazione Oll Muvi, ai più conosciuti come I Love Molfetta, sempre in tema di emigrazione e ricongiungimento dei tanti giovani emigrati all'estero condividiamo questo articolo, a nostro avviso, "di grande importanza" per tutti i nostri follower.

Avere un figlio all'estero, con il quale si comunica via Skype, via Whatsapp è ormai una consuetudine per molte famiglie italiane che prendono atto dell'assenza di opportunità di carriera in Italia e accettano la dipartita, con grande sofferenza, al punto che molti italiani sono più preoccupati per i propri ragazzi che emigrano, anzichè dell’arrivo di migranti.



Conferma l'osservatorio European Council on Foreign Relations, il primo think tank paneuropeo per la ricerca e promozione di un dibattito informato a favore dello sviluppo dei valori europei, che più della metà degli italiani sarebbe a favore di misure di controllo sull’emigrazione.

Allora perchè i nostri politici, giornalisti ed esperti si preoccupano di chi arriva anzichè invece porre un argine all'esodo di massa dei giovani?

Ad andarsene sono tantissimi giovani ad alto potenziale, con qualifiche accademiche elevate, per nulla valorizzati in patria, ma apprezzati all’estero. Sono specializzati in tutti i settori, provengono da tutta Italia, poco più della metà trova casa in Europa, gli altri migrano negli Stati Uniti e in Australia.

Difficile stabilire con esattezza quanti siano. I dati Istat dicono che nel 2018 sono partiti 117mila italiani di cui 30mila laureati.

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes riporta, utilizzando principalmente dati Istat, che il 40 per cento di chi è partito nel 2018 ha fra i 18 e i 34 anni. Ma anche che questo dato sta peggiorando con un aumento di 8,1 punti percentuali delle partenze 18-34, mentre nello stesso periodo tutte le categorie di età over 35 sono diminuite. Questi fattori contribuiscono al generale invecchiamento della popolazione italiana.

E come se non bastasse, molti di coloro che conseguono il titolo di studio lasciano l'Italia. Infatti il report sui cittadini Europei in movimento dentro l’Unione, racconta che il 30 per cento degli italiani all’estero ha una laurea. Stiamo quindi perdendo una grande fascia di chi può far crescere il nostro paese, di chi sa innovare, di chi può contribuire, con le proprie energie e competenze, a tirare fuori l’Italia dalla spirale di crisi - economica, demografica, educativa e occupazionale – in cui si è avviluppata. Le competenze italiane vengono invece sfruttate dai paesi in cui i giovani emigrano.

"Siamo partiti in cerca di opportunità e responsabilità"

Gli expat sono partiti per tanti motivi. Oltre allo studio, c'è chi parte per trovare lavoro (62 per cento), per avventura (13 per cento), per amore o motivi personali (6 per cento). I dati parlano chiaro: l'Italia è un Paese dove i giovani non si sentono valorizzati come risorsa, e si organizzano per fare (spesso a malincuore) le valigie alla ricerca di un futuro migliore.


Quello che spinge all'emigrazione non è la ricerca di un lavoro qualunque, perchè qualcosa (anche se non quello che vogliamo) si trova a casa, bensì un'occupazione degna.

Con un guadagno, delle prospettive e delle responsabilità in linea con il valore e l’investimento in formazione da parte delle famiglie e dei giovani. Chi se ne va non riesce a vedere futuro in un paese che accetta – secondo Eurostat - che oltre il 20 per cento dei suoi ragazzi fra i 15 e i 24 anni non faccia nulla: nè studia nè lavora. Un numero molto più alto rispetto agli altri paesi europei.

Altri partono per curiosità e ambizione, in cerca di occasioni di sviluppo personale che l’Italia non offre. Chi termina gli studi, infatti, sente l'esigenza di sfruttare ciò che ha imparato e di apprendere qualcosa in più, di lavorare in un ambiente stimolante, con colleghi all'altezza e risorse che offrano una prospettiva di carriera.



Se continuiamo a spingere all’emigrazione i più produttivi fra gli italiani, non ci saranno speranze per mantenere il tenore di vita a cui siamo abituati.

Sta a noi combattere le ingiustizie e le inefficienze dell’Italia, salvare il Bel Paese cambiando quello che non va. Sta a noi ora tornare per consentire alla prossima generazione di immaginare un futuro, fin da subito, nel paese più bello del mondo.


LEGGI L'articolo completo >>> fonte L'Espresso - Repubblica CLICCA QUI


 

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