Molfetta, 12/06/2015
Andrà in scena oggi venerdì 12 e sabato 13 giugno alle ore 21.00 presso il Teatro del Carro in Via Giovene, 23 a Molfetta, lo spettacolo teatrale W I SANTI W TUTTI QUANTI di Antonio Rossano, autore pugliese scomparso poco tempo fa che richiama alla memoria la figura dell'attore molfettese Giorgio Aldini.
Nell'opera teatrale, così come sottolinea la curatrice della raccolta teatrale dell'autore barese Ghico De Chiara , s'individua la componente magica, la stessa che spingeva Ernesto De Martino, a ricercare fra il Vulture, le Murge e il Salento i segni strutturali di un Sud al quale, nel corso di due millenni, i conquistatori avevano lasciato un'eredità di diavoli arabi e normanni, spagnoli e asiatici.
W I SANTI W TUTTI QUANTI è "un'opera barocca , una giostra di signorotti medioevali, badesse in calore e monaci immandrilliti che si prendono per mano e danzano la sarabanda" ma nel ridere amaro ecco sorgere nello sfondo di uno spasimo l'archetipica forza di riscatto di un Sud contratto e violato dal conquistatore di turno.
Lo spettacolo teatrale segna la fase conclusiva del corso di teatro IL FUOCO CENTRALE diretto dal regista molfettese Francesco Tammacco.
ANTONIO ROSSANO: VIVA I SANTI VIVA TUTTI QUANTI
di Pino Aprile
Antonio Rossano, l'autore di Viva i Santi, Vita tutti quanti!, era il mio capo cronista nel quotidiano in cui mossi i primi passi da giornalista, La gazzetta del mezzogiorno. Non aveva nulla del capo come te lo immagini (il cipiglio, l'età, i modi spicci, le certezze del conducator...); era uno con cui tutto veniva discusso, anzi: non discusso, ragionato. Aveva molte curiosità, leggeva di tutto. A mio parere, troppo di cose che non avevano a che fare con il giornalismo all'arrabbiata dei ventenni (ero io il ventenne). E, infatti, queste inutili abitudini da facitore della Terza Pagina (quella della cultura) più che della Cronaca di polvere e sangue, lo portarono a compiere diverse sciocchezze che gli perdonavamo, perchè era impossibile non volergli bene. Ma come: qui sono appena volati anarchici dalla finestra della Questura, Brigate Rosse e Nuclei armati rivoluzionari fanno il campionato della morte: a chi ne ammazza di più, in un Paese allo sbando; un tale Luciano Liggio fa tremare dal carcere e il mio capo scrive per il teatro? E cose come questa, poi; la storia del furto delle spoglie di san Nicola; e... Naaaa, era fuori fase, fuori tempo e quelle cose, fuori luogo.
Solo dopo capii, rileggendo, divenuto io più maturo (o meno acerbo, fate voi), che lui poteva leggere meglio il presente, perchè continuava a spremere lezioni dal suo, nostro, insomma “proprio” passato, dalle vicende minime della gente di Bari vecchia (e nuova...) che mostravano una insospettata profondità di radici; da quei fatti locali che racchiudono lo sperdimento e la fiducia degli uomini, che sono sempre gli stessi, ovunque e non hai bisogno di errare da antropologo, se vuoi comprendere: osserva il tuo vicino, guardati allo specchio.
Circa quarant'anni dopo il mio ingresso nella redazione capitanata da Antonio Rossano, mi chiamarono a Bari per darmi il premio “giornalista dell'anno”. «Volevo essere qui, per salutarti», mi disse Tonino, venendomi incontro. Era magrissimo, lui che magro non era stato mai; aveva una brutta cera. «Dovevo andare in ospedale per alcuni accertamenti», mi spiegò. «Ho rimandato, per non perdermi questo giorno». Rimase in fondo alla sala, affollatissima. Ringraziai per il premio e anche quelli che mi sono stati maestri, indicandone uno, lì presente, in fondo alla sala: Antonio Rossano.
Non resse sino alla fine della manifestazione, andò via. Qualche giorno dopo, mi telefonò suo figlio. Piangeva.
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