Caparezza riceve la Targa Tenco per Museica

 

Caparezza riceve la Targa Tenco per Museica

 

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Molfetta, 06/12/2014


Questa sera, sabato 6 dicembre, l'artista di Molfetta, Caparezza, riceve la Targa Tenco per «Museica», quale disco dell'anno. "Parlo di arte e capolavori ma non dimentico il presente. L'abolizione dell'articolo 18? Non capisco che correlazione possa esserci tra la crescita di un'impresa e un licenziamento"

Sotto i folti ricci si è instal­lato un plo­tone di bol­sce­vi­chi, «trotz­ki­sti» pun­tua­lizza men­tre pran­ziamo in un risto­rante romano.

Nella piazza Rossa di Mosca è stato arre­stato dalla poli­zia per­chè ritratti le sue idee, così nel nuovo video che accom­pa­gna "Avrai ragione tu" nuovo sin­golo del suo ultimo album Museica che si è por­tato a casa oltre a un disco di pla­tino anche una pre­sti­giosa Targa Tenco come «miglior disco 2014» che gli verrà con­se­gnata que­sta sera.

Capa­rezza comu­ni­sta?

«Nel dub­bio pre­fe­ri­sco l’ideologia al ‘cogno­mi­smo dei giorni nostri’dice. Insomma meglio comu­ni­sti che ren­ziani, gril­lini.… Tra realtà e fin­zione la testa di Michele Sal­ve­mini in arte Capa­rezza vola alto, tra molti mondi. Desti­na­zione pre­fe­rita chi­na­town , la città dell’inchiostro, della scrit­tura pro­di­gio di sal­vezza, «basta un foglio bianco altro che Freud» come spiega l ‘omo­nima can­zone. Album auto­pro­dotto che scop­pia di can­zoni –per alcune non c’era più posto– e temi, con­ce­pito come audio­guida al pro­prio museo per­so­nale museica.

Intanto sono rico­min­ciati i con­certi del can­tau­tore rap­per di Mol­fetta lungo lo sti­vale, dopo una paren­tesi «live» prima euro­pea e poi ame­ri­cana. Reduce di un tour prima euro­peo e poi ame­ri­cano lo abbiamo incon­trato a Roma, pochi giorni dopo.

Hai vinto la targa Tenco

È un pre­mio che mi fa dav­vero pia­cere rice­vere a dif­fe­renza di altri pen­sati solo per avere un arti­sta o qual­cuno di popo­lare in un certo posto. Qui c’è una giu­ria di gior­na­li­sti, per­sone che non ho pagato per otte­nerlo. Mi inor­go­gli­sce per­chè ho messo l’anima per fare que­sto cd e credo che sia piut­to­sto com­plesso rispetto a molte cose che ascolto in giro.

Lo spunto del disco sono alcuni capo­la­vori dell’arte moderna e non dal sociale e dalle dif­fi­coltà del reale così come ci hai abi­tuato. Per­chè?

A 41 anni sen­tivo la neces­sità di con­cen­trarmi su qual­cosa che mi pia­cesse. Sic­come sono una per­sona par­ti­co­lare, e rara­mente mi piac­ciono le cose, ho una visione della vita, anche sor­ri­dendo, piut­to­sto nega­tiva. Tutto ciò che di posi­tivo mi col­piva era di ori­gine crea­tiva, let­te­ra­tura, cinema, danza, musica pit­tura. A met­termi in crisi le mie lacune sulla pit­tura che ho voluto col­mare stu­diando e visi­tando musei. Lì ho avuto le mie fol­go­ra­zioni, le mie sin­dromi di Stendhal.

Le situa­zioni dif­fi­cili, la rab­bia da ela­bo­rare. Que­sto motore non c’è più?

Que­sta cosa c’è sem­pre, la mia scrit­tura è rea­zio­na­ria, uso una brutta parola. Rea­zio­na­ria, nel senso che ricevo qual­cosa che mi infa­sti­di­sce e rea­gi­sco di con­se­guenza. Io che non ho que­sta visione edi­fi­cante dell’essere umano in gene­rale tro­van­domi di fronte a que­ste opere che met­tono in risalto la figura umana, sal­vano la figura stessa, capo­vol­gendo la mia visione gene­rale del mondo. Non che sia meno cata­stro­fi­sta di prima, però sicu­ra­mente più solare.

La scin­tilla ini­ziale di museica è par­tita da Van Gogh. «..fai la coda per lo smart­phone, tu sei pazzo Mica van Gogh» recita la canzone.

Alcuni aspetti della parte che cri­tico (i ragazzi messi a con­fronto con il pit­tore, nda) sono anche miei e di molti di noi. Mi ha col­pito la genia­lità di Van Gogh, la sua osses­sione per l’arte che era per lui qual­cosa di più, il suo espres­sio­ni­smo, il punto di vista per­so­nale nelle sue raf­fi­gu­ra­zione. In par­ti­co­lare La natura morta con bib­bia per la sua rap­pre­sen­ta­zione dei due mondi incon­ci­lia­bili tra padre e figlio: la bib­bia del padre al cen­tro, aperta, e il volume di Emile Zola ‘La gioia di vivere’ che Vin­cent non doveva leg­gere chiuso in un angolo. Ho pen­sato che non poteva certo essere l’opera di un folle, ma di una per­sona con una luci­dità spic­cata e sen­si­bi­lità molto alta.

In quali aspetti di Van Gogh ti iden­ti­fi­chi di più?

Credo nell’ossessione, quella che mi porta forse ad essere intrat­ta­bile durante la pre­pa­ra­zione dei dischi. L’ossessione della ricerca, di come viene un pezzo, la paura di non essere accet­tato, giu­di­cato, che era un po’ la sua, di non essere capito, di venire recen­sito in malo modo, come I man­gia­tori di patate che furono recen­siti come un quadraccio.

‘Comun­que dada’ è la can­zone più didat­tica dell’album, spiega alla per­fe­zione cosa era quel movimento…

Il dadai­smo mi ha fol­go­rato, è diven­tato una mia pic­cola osses­sione. Tutto, dal con­te­sto sto­rico dei dadai­sti al loro rifiuto di andare in guerra per ritro­varsi poi in un ter­ri­to­rio neu­trale a Zurigo.

Creare un arte che distrug­gesse l’arte men­tre fuori si distrug­geva l’umanità. Que­sto ripar­tire da zero, un per­corso che è nato e poi morto, per­chè non poteva reg­gere. Sono i padri dell’arte moderna, trovo geniali le loro intui­zioni. A me piace poi molto l’idea del diser­tore, la trovo molto patriot­tica. Per­chè in fondo il diser­tore decide di non pat­teg­giare per quella parte di patria, per quel modello di patria, met­tendo a rischio e peri­colo la sua vita.

Anche chi va in guerra rischia la vita, però lo fa con tutti gli onori del caso, men­tre il diser­tore viene sem­pre visto come un vile. Non c’è niente di vile nell’avere la con­sa­pe­vo­lezza che la vita è una sola, è piut­to­sto razio­ci­nio. Hugo Ball che si inven­tava le parole ha molto più senso dell’intera arma bel­lica. Mi sono inna­mo­rato del dadai­smo, ma mi sono reso conto che non poteva soprav­vi­vere, doveva diven­tare altro..

fonte: ilmanifesto.info

 

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