Molfetta, 08/08/2014
Tutto ruota intorno al suo antico faro e al porto.
Il fascino del borgo antico e di una storia secolare in cui il mare ha giocato un ruolo cruciale. E ancora oggi la pesca è una delle principali attività "Welcome to Molfetta"
Dicono che il Duomo Vecchio di Molfetta sia la chiesa più grande della Puglia tra quelle in stile romanico a cupole in asse. Dicono che il faro di Molfetta, acceso nel 1857, sia, dopo quello di Barletta, il più antico in Adriatico. Dicono che nessun porto è talmente popolato di pescherecci.
Insomma, Molfetta sembra la città dei record. Ma nessuna cifra, nessun primato interessa chi si trova a passeggiare lungo il suo porto: perchè le sensazioni e le emozioni si accavallano così forti, da non lasciare spazio ad altro.
È bello lasciarsi trascinare dagli odori e dalla vita quotidiana molfettese. Al porto, ci si può incantare a guardare ciò che si muove intorno: è la città che viene a mostrarsi, a farsi conoscere. È l’ora tramonto. I pescatori organizzano i loro carichi, dispongono le reti, avvolgono il cordame intriso di alghe e indurito dalla salsedine. Il faro sembra vegliare silenzioso su queste scene di vita quotidiana, che si ripetono qui da millenni, perchè tutta la storia di Molfetta è fatta di vitalità marittima, di scambi e contatti continui, dei quali un prezioso documento è l’alleanza nata nel 1148 con Ragusa (l’attuale Dubrovnik): una sorta di patto di amicizia politica e commerciale che sa di antico e di moderno.
Nel borgo si respira quest’aria marinara, commerciale e oggi anche industriale. Ma è la pesca, con l’accattivante bellezza del porto e di ciò che sorge tutto intorno, a fare da vero fulcro della città.
Salendo per la scala elicoidale che porta in cima al faro, ci si affaccia sul regno del mare e dell’uomo: il colpo d’occhio è la decisa separazione tra il centro storico e il resto, con le testimonianze architettoniche antiche sviluppatesi attorno al porto, oltre la banchina Seminario, la banchina S. Domenico, il molo S. Michele e il molo S. Vincenzo, quello delimitato dal faro, oltre il quale si estende il molo foraneo.
Dall’alto, le cupole del Duomo Vecchio si stagliano alla nostra vista, tutt’uno col mare, tutt’uno con il borgo; la chiesa risente nella sua struttura delle continue modifiche, dato che la costruzione – iniziata nel XII secolo – è durata per tutto il secolo successivo, mentre la facciata (mai completata) si deve a restauri molto più moderni. Per tutto il molo, corre la muraglia in pietra, ma lo sguardo va ancora oltre, verso la piazza, la Dogana, il Palazzo Seminario che sembra abbandonato, il vecchio mercato.
A piedi, si può attraversare il borgo cercando tracce antiche della Molfetta marinara. Anche nel Santuario di S. Maria dei Martiri preziosi resti della cupola dell’altare maggiore (iniziata nel 1162 per volere del re normanno Guglielmo I) sono conservati insieme a testimonianze pittoriche di limitato valore artistico, alcuni ex voto, che ci riportano a quel faro sul molo, a quella religiosità marinara tipica di moltissime città della costa pugliese, calabra e campana.
La figura della Madonna è legata alla tradizione dei pescatori molfettesi.
L’8 settembre di ogni anno, un corteo di barche attraversa il porto trasportando in processione la statua di Maria; e tutta la festa si basa sull’antica leggenda di un pellegrino che, ammalatosi di ritorno da un lungo viaggio in Terrasanta, fu ricoverato e salvato insieme a tutti i malati della città, grazie a un quadro della Madonna che aveva portato con sè da Gerusalemme. Così nasce la Chiesa dei Martiri, affacciata sul mare, con l’antico ospedale annesso.
Molfetta è il porto, il ricovero delle antiche e moderne avventure: nel Duomo sarebbe stato sepolto – agli inizi del 1300 – il figlio del duca di Baviera, Corrado, fattosi monaco ed eremita, reduce da esperienze spirituali in Terrasanta e morto a Modugno nel 1155. Tutta la zona è stata da sempre il centro di partenze e arrivi, traffici, domini e distruzioni.
I pescherecci che “forano” la vista del mare non esprimono solitudine ma comunicazione, e anche il faro con il suo fascio di luce che domina sul borgo e sull’acqua è metafora del viaggio, della ricerca.
E la scienza è un altro squarcio di storia illuminato dal faro. Un illustre cittadino molfettese è quel Giuseppe Saverio Poli, scienziato settecentesco noto in mezzo mondo, che fece della sua nascita in una cittadina di mare il tesoro della sua ricerca sulla biologia marina. La sua casa storica, una sorta di museo di cimeli e di ricordi, abitata dal suo discendente, sarebbe un ottimo contenitore culturale e forse la città dovrebbe ricordare di più Casa Poli e l’illustre studioso settecentesco, che pubblicò a Parma, in due volumi, nel 1791 e nel 1795, un manuale di interesse scientifico e tipografico, data la preziosa veste utilizzata per illustrare le conchiglie del mare Adriatico, quelle del Tirreno e del mar di Sicilia.
Il testo, in latino, è un esempio classico di divulgazione scientifica, dato che l’autore fa precedere le tavole da note in italiano e francese, non trascurando notizie sull’uso gastronomico e culinario degli stessi molluschi. Ieri come oggi, la passione per il mare, eletto a luogo non di mito ma di lavoro, è la caratteristica della gente di Molfetta: in alcuni dei cantieri che si affacciano sul porto ci sono i vecchi “maestri d’ascia”, che ancora oggi costruiscono bellissime barche in legno, lavorate con le proprie mani. Qui il mare trasuda fatica. Qui il paesaggio è storia. E il suo fascino innegabile.
#WelcomeToMolfetta
fonte: Rivista On-Line di Cultura e Turismo: bridgepugliausa.it
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