Da Molfetta alla conquista del Giappone

 

Da Molfetta alla conquista del Giappone

 

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Molfetta, 02/12/2012


Da Tokio a Osaka, da Hiroshima a Jamagata. Una tournèe di un mese per le maggiori città del Giappone si è trasformata in un tripudio per Felice La Forgia, da Molfetta, lochef made in puglia.

Un’accoglienza trionfale, di quelle che di solito all’estero riservano ai grandi cantanti lirici italiani. È vero, lo chef non è uno dei tanti: il 36enne La Forgia nel 2011 ha conquistato la medaglia d’oro nel campionato del mondo di Chef organizzato a Bruxelles.

Il primo oro nella storia della competizione per un cuoco italiano.

Ma non è finita, perchè Felice fa anche parte di un vero e proprio Dream team di chef pugliesi, il Culinary Team Puglia, 12 professionisti allevati dalle scuole alberghiere e selezionati dieci anni fa tra i migliori talenti della regione per portare il nome dell’alta cucina pugliese nel mondo.Una sorta di Barcellona dei fornelli.

Da questa rosa stellare, gli organizzatori del tour hanno scelto proprio lui, La Forgia, un molfettese in Giappone: “Sono partito il 9 ottobre e sono tornato il 31. Ho tenuto corsi di cucina in varie città e cucinato in ristoranti e alberghi per clienti che avevano prenotato da giorni”.

Ad ogni tappa variava il menù che però non era mai inferiore alle sette portate. Per intenderci, nella due giorni in un albergo di Osaka i fortunati giapponesi hanno fatto la loro prima esperienza con la cucina pugliese grazie a: cavatelli ai frutti di mare sulla purea di fave, insalata di gamberi rossi di Gallipoli con mele verdi e sedano, zuppa di pesce alla molfettese nella carta fata, rombetto di vitello su purè di carote e salsa di cardoncelli. E per dessert una torta spumone.

Come hanno reagito i giapponesi?

“Sono impazziti, soprattutto per i primi piatti. Ma spesso la prima domanda che mi hanno fatto è stata ‘Dove si trova la Puglia?’. In molti erano già stati in Italia, ma non avevano mai sentito parlare della nostra regione. In ogni città che visitavo avevo a disposizione un palco sul quale salivo per presentarmi. La mia prima lezione era di geografia. Gli ho spiegato dove si trova la Puglia, ho spiegato che siamo quasi del tutto circondati dal mare, ma che nella nostra tradizione culinaria ci sono anche molti ingredienti di terra. Poi passavo alla lezione di cucina vera e propria, anzi ‘lezione di orecchiette’. I giapponesi sono molto curiosi, mentre lavoravo la pasta fresca mi chiedevano di ripetere le varie operazioni per imparare a memoria i vari passaggi”.

Dopo Osaka, una sosta di una settimana a Hiroshima.

“Ecco, lì sono andati completamente fuori di testa per gli spaghetti con verdure, pane rosolato e filetti di acciughe. Per non parlare della zuppetta di pesce e del polpo cotto al vino rosso, rigorosamente Primitivo di Manduria”. Il colpo finale, da samurai, è stato come sempre il dolce: tortino di mela con cachi caramellati e salsa di cioccolato “perchè i cachi fanno parte anche della loro tradizione culinaria. In effetti quando vai per la prima volta in Giappone ti sembra di ritrovarti in un altro pianeta. Ma le cose che ci accomunano non sono poche. Ad esempio giapponesi e pugliesi vanno matti per il sushi, il pesce crudo o che dir si voglia”.

Poi è stata la volta di Tokio:

“Orecchiette di grano arso con rucola pomodorino e cacioricotta. Insalata di seppie con cardoncelli, polpo patate e fagiolini. Come secondo piatto, delle polpette di agnello in brodetto con insalatina di grano ceci e verdure. E per finire, trancio di bocconotto pugliese con salsa alla vaniglia e fragola al cioccolato. Le lezioni di cucina a Tokio facevano sempre il tutto esaurito”. C’è da crederci.

L’ultima tappa a Jamagata, città nel nord del Paese:

“Abbiamo preparato per due giorni di seguito una cena per quasi 200 persone. Come al solito sono salito sul palco, ho presentato prima me stesso e poi la Puglia. Dopo i convenevoli tutti i presenti si sono leccati i baffi con i piatti che avevamo preparato. I giapponesi sono un popolo molto cortese. E’ stato gratificante lavorare con loro. Mi sono sentito sempre al centro dell’attenzione tra foto e applausi. Un’esperienza che mi ha formato molto professionalmente. Loro hanno un’organizzazione inimitabile. Io gli mostravo i piatti e loro imparavano a farli in pochi minuti. Una capacità di apprendimento sorprendente. Adesso torno al mio lavoro di tutti i giorni, nelle cucine di Villa Romanazzi Carducci, ma voglio tornare presto in Giappone. Per insegnare e imparare”.

fonte: www.senzaconfini-bari.blogautore.repubblica.it

 

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