Molfetta, 06/04/2012
Le processioni di Pasqua a Molfetta
L’ultimo dei Misteri è il Cristo Morto, forse la figura che più simboleggia la Settimana Santa molfettese, quella a cui i fedeli sono più attaccati, quella che riesce a infondere nell’animo dei molfettesi più compunzione e afflizione insieme al gruppo della Pietà, simulacro che chiude la processione del Sabato Santo.
Gesù, ormai esanime, versa disteso su un masso con il busto e la testa leggermente rialzati. L’anatomia è eccellente e il volto di una straordinaria intensità. Le mani e i piedi forati dai chiodi che hanno fermato il corpo del Redentore al suo patibolo, il costato trafitto dalla lancia del centurione da cui ancora sgorga un rivolo di sangue.
Solo un perizoma finemente decorato copre il Figlio di Dio. La base è coperta da un pregevolissimo panno azzurro decorato dai simboli della passione e da stelle a otto punte che ha sostituito la coltre in velluto nero su cui fino al 1854 era adagiata la statua.
Anche i sei fanali posti ai lati del Cristo morto sono un inserimento successivo che andarono a sostituire i quattro angeli d’argento che poi trovarono collocazione sulla base del mezzobusto argenteo di San Corrado, Patrono di Molfetta[/i] e della Diocesi. Davanti ai piedi del Cristo nel 1931 fu posto un reliquiario in argento disegnato dall’artista Giulio Cozzoli.
Il Cristo Morto è accompagnato e recato a spalla dai confratelli dell’Arciconfraternita di Santo Stefano anche se l’onore di portare a spalla il Cristo era in passato concesso a dei canonici. È comunemente riconosciuto come il sodalizio più antico della città poichè si presume che fosse operante in città già dal 1300 ma ad onor del vero è bene precisare che è stata riconosciuta nel 1767 e quindi quattro anni più tardi rispetto all’arciconfraternita della Morte.
Per via di un singolare cappello a forma di mezzaluna che pende sul fianco sinistro degli associati che non indossano mozzetta alcuna ma solo un sacco di color tabacco viene detta “dal sacco rosso”.
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