Molfetta, 27/08/2024
L’anno zero della processione a mare di S. Maria dei Martiri.
Il fondo manoscritti della Biblioteca Comunale di Molfetta conserva un’opera autografa dal titolo «Descrizione della costa relativa alla giurisdizione marittima della città di Molfetta» (Aprile 1892), scritta dall’Ufficiale di Porto di 1a cl. Enrico Biagini, Comandante del Circondario marittimo di Molfetta dal 22 aprile 1887 al 22 agosto 1893.
Ancora pagine di storia molfettese, qui di seguito un'altra "bellissima ricerca", realizzata dal nostro amico Corrado Pisani, un grande appassionato di Molfetta. Attraverso il nostro sito web ilovemolfetta.it, noi dell'Associazione Oll Muvi ospitiamo e condividiamo con piacere il prezioso lavoro di Corrado Pisani, affinchè non si perda la memoria. A tutti Voi buona lettura.
Il prezioso documento riporta la notizia che la processione in uscita dalla chiesa di S. Maria dei Martiri s’imbarcava su due bilancelle da pesca “Dal 1846 in poi”.
Quando rilevai questo dato ritenni ch’esso poggiasse su valide fondamenta tanto che alla fine di agosto del 1989 mi convinsi ad inviare una lettera al periodico «l’altra Molfetta», con preghiera di pubblicazione, avente per oggetto “La sagra del mare”. La notizia venne pubblicata sul finire del mese di settembre con il numero di ottobre dello stesso 1989 (cfr. pag. 21).
Dopo trentacinque anni, corroborato dalla visione di una notevole e variegata documentazione, ho maturato la convinzione che questa data (1846) non mi sembra veritiera. Viceversa, a mio modesto parere, l’ipotesi (inizio della processione dopo il 1870) formulata dal Can. Primicerio Cav. Francesco Samarelli e l’ipotesi (primo anno del corteo 1870) esposta dagli emulatori del Samarelli sono tutte e due rispondenti al vero. Invero, trattandosi di un evento (quello della data di inizio della processione a mare) ancor’oggi mancante di documenti probatori, si può solo affermare che l’anno 1870 indica il punto d’inizio della sagra a mare. Ciò anche alla luce di dati concreti che andiamo a esporre.
Il Can. Samarelli (n. 1° novembre 1874 - m. 18 agosto 1952), nel lavoro intitolato Il tempio dei Crociati dalle origini ad oggi, scrive «...la processione di S.M. dei Martiri... fu istituita dopo il 1870 perchè il 3 maggio dello stesso anno il Capitolo, nel definire la puntatura per le processioni ripartite in tre categorie, non annovera quella dell’8 settembre. Una conclusione capitolare del 30 agosto 1905 assegna la processione dello sbarco della Madonna dei Martiri alla seconda categoria di quelle stabilite il 3 maggio 1870».
In pratica la Conclusione Capitolare, trattando della puntatura ossia la “privazione dell’introito”, equivalente ad una “multa”, in cui il sacerdote incorreva per ogni mancato intervento ad una processione e stabilita di importo diverso a seconda la categoria della processione, permetteva al Samarelli di stabilire che la processione a mare della fiera della Madonna dei Martiri a quella data (3 maggio 1870) non si svolgeva ancora e, quindi, la stessa ebbe inizio dopo il 1870.
Un altro punto fermo che delimita l’arco temporale durante il quale prese avvio la processione è dato da una lettera scritta nel 1877 dal Parroco Giosuè Miranda di Secondigliano, pubblicata prima sul giornale religioso politico “La Libertà Cattolica” di Napoli e poi ripresa dal settimanale romano “Il Divin Salvatore” (N. 2 del 6 ottobre 1877, pag. 19). Lo scritto, a similitudine di un odierno reportage, è un resoconto della festa della Madonna dei Martiri svoltasi in quello stesso in Molfetta. La sua importanza è dovuta al fatto che dimostra come il “percorso a mare” della processione si svolgeva secondo una formula o un programma con una modalità prestabilita e ben consolidata. Rammento che il testo della lettera è stato già pubblicato sul nostro sito, al link
https://www.ilovemolfetta.it/content/news
Quindi, allo stato attuale della ricerca, possiamo già dire che il periodo in cui si è tenuta la prima processione a mare apre con la data dell’8 settembre 1870 e chiude con quella dell’8 settembre 1876. Questo articolo, più che tentare di stringere ulteriormente l’arco temporale appena citato (1870-76), intende verificare se il periodo in esame ha una rispondenza al vero ovvero se l’ipotesi si accorda con le informazioni in nostro possesso.
Per iniziare mi piace riportare una prima nota che riguarda il fatto che la Madonna dei martiri è Patrona dei marinai. Ciò risulta già nel 1897, anno in cui il nostro Gaetano Salvemini scrisse un lungo articolo dal titolo “Un Comune dell’Italia Meridionale” sulla rivista quindicinale «Critica Sociale». Firmandosi con lo pseudonimo “un travet” (sinonimo di un modesto impiegato), descrisse così il comportamento dei marinai molfettesi «Per una sola cosa sono pronti a fare una sommossa anche sanguinosa e a lasciarsi tagliare a pezzi: per impedire che venga abolita la festa della Madonna dei Martiri, loro protettrice».
Inizialmente Protettrice dei pescatori, la dizione si modificò dopo la pubblicazione della Legge sulla leva di mare (N° 305 del 28 luglio 1861, promulgata il 19 novembre 1861) con la quale fu disposto che anche i pescatori facevano parte della gente di mare e si dovevano inscrivere sulle matricole della gente di mare (in qualità di marinari).
La categoria dei pescatori era ben presente nella vita cittadina. Basti pensare che sin dal 1821 essa gestì il “Dazio del pesce” fresco che era uno degli “introiti” del Bilancio Comunale. Gli addetti al settore marittimo negli anni Trenta dell’Ottocento costituivano il 5,3% della popolazione (composta da 17.159 abitanti nel 1828, da 24.958 abitanti per 5.243 famiglie nel 1861). Nel 1870, una lettera scritta (in data 12 marzo) dal sacerdote prof. don Matteo Allegretta (n. 4 ottobre 1831 - m. 18 aprile 1908) ci fa sapere che in quel periodo la città vantava una flotta peschereccia consistente in 50 paranze o barche a vela latina, ognuna delle quali aveva una ciurma di 8 uomini, oltre i giovanetti e fanciulli, numero quest’ultimo che moltiplicato per il primo dava il prodotto di 400 unità. Poi c’erano circa 30 barchette nelle quali erano impegnate altre 120 persone ed un’altra ventina di pescatori tra fissi e saltuari. Sommando le due cifre si raggiungeva un totale di 540 uomini. Nel 1879 Molfetta contava 95 barche (per 813 tonnellate) adibite alla pesca litoranea, 76 paranze (ripartite in 34 per 375 tonnellate per pesca d’alto mare; 42 per 490 tonnellate per pesca all’estero). Il totale degli addetti alla pesca era di 919 unità suddivise in 195 pescatori litorale, 326 pescatori e marinari addetti pesca d’alto mare, 398 pescatori e marinari addetti pesca all’estero).
Altra nota riguarda il Canonico Samarelli. Egli, durante la preparazione del lavoro sul Santuario Mariano, iniziò a raccogliere una serie di testimonianze orali tra i pescatori anziani che collimarono tutte nel riferire che la festa a mare prese avvio intorno al 1870. Un marinaio di cognome Salvemini gli riferì che le prime due bilancelle addette al trasporto della statua via mare furono quelle di proprietà di un tale Salvemini, soprannominato “u smèrgiasìedde” (intendi smargiassiello ossia il piccolo smargiasso, il piccolo gradasso), nomignolo che non è dato sapere se affibbiato ad un singolo (forse perchè piccolo, caparbio e rissoso) oppure ad un determinato ramo di quella famiglia. Un altro marinaio di cognome Cormio ricordava che le stesse si chiamavano «la Scèlze» (l’Ascensione) e «la Premèvèiere» (la Primavera).
Sulla scorta di queste informazioni e di quanto riassunto dai circa 2.560 protocolli notarili di Molfetta, conservati nella Sezione di Trani dell’Archivio di Stato di Bari, possiamo aggiungere altre notizie ad iniziare da quelle genealogiche su un ramo della famiglia Salvemini.
Per capitoli matrimoniali in data 28 ottobre 1711 Giovanni Angelo Salvemini di Giacomo si sposò con Ottavia Mastropasca. Il protocollo n° 706 è un “bastardello” dell’anno 1767 dove sono raccolte minute di atti notarili rogati in quello stesso anno dal notaio Giuseppe Massari; ivi è conservato un testamento (senza data) con il quale Giovanni Angelo Salvemini del fu Giacomo dispose eredi i suoi figli Giacomo e Francesco.
Per capitoli matrimoniali datati 20 gennaio 1745 Giacomo Salvemini di Giovanni Angelo si sposò con Antonia del Ragno. A metà Settecento, il nucleo familiare del marinaro Giacomo Salvemini (di anni 36) era composto da lui, sua moglie Antonia Ragno (di anni 26) e da tre figli Ottavia (di anni 5), Giovan Angelo (di anni 3) e Onofrio (di anni 1). Rimasto vedovo, Giacomo si risposò con Chiara de Gennaro fu Giovan Lorenzo che gli diede i seguenti figli: Antonio (n. 1752 ca. - m. 10 febbraio 1834); Giovanni Lorenzo (n. 1756 ca. - m. 29 dicembre 1816); Raffaele (n. 1761 ca. - m. 15 novembre 1850); Stefano (n. 1763 ca. - m. 26 settembre 1839); Michele (m. 1772 ca. - m. 25 febbraio 1860); Mauro (n. 1779 ca. - m. 5 maggio 1854) e Laura (n. 1787 ca. - m. 2 settembre 1854).
Nel 1804 i fratelli Antonio, Giovanni Lorenzo, Raffaele, Stefano, Michele e Mauro, figli del defunto Giacomo Salvemini, erano comproprietari di una paranza atta alla pesca della gaetana. L’anno seguente (1805) la stessa apparteneva anche alla loro madre, la vedova Chiara de Gennaro. Nel 1810 esponenti di questa famiglia ad essere proprietari di due barche ossia una paranza erano i già citati fratelli Raffaele, Stefano, Antonio e Michele Salvemini, Giovannangelo Salvemini fu Cosmo e Pantaleo Salvemini fu Giuseppe.
Per capitoli matrimoniali rogati il 21 settembre 1794 il marinaro Stefano Salvemini di Giacomo si sposò con Laura Giovanna Tattoli. Dall’unione tra Stefano e Laura Giovanna Tattoli nacquero tre maschi: Giacomo (n. 1791 ca. - m. 5 febbraio 1837), Ignazio senior (n. 1795/96 ca. - m. 7 dicembre 1870) ed il sacerdote Antonio (n. 1° dicembre 1798 - Roma, 18 marzo 1878). Quest’ultimo è il Canonico fondatore della chiesa dell’Immacolata ed autore della Storia di Molfetta in due volumi, stampati nel 1878 a Napoli (il secondo volume postumo al decesso).
Riprendiamo a narrare le vicende dei marinari.
Il 18 settembre 1814, per capitoli matrimoniali rogati da notar Domenico Visaggio nello stesso giorno, il pescatore Ignazio Salvemini di Stefano promise di sposare la filatrice Elisabetta Rosa Minervini. Il 5 settembre 1821 Ignazio Salvemini senior comprò per 400 ducati da Natale Pastore una metà di paranza insieme all’altra metà di suo fratello Giacomo Salvemini. Il 17 settembre del 1823 Stefano Salvemini fu Giacomo rilasciò per 400 ducati ai suoi figli Giacomo e Ignazio senior la metà di questa stessa paranza, acquistata (due anni prima) per atto di notar Paolo Rotondo.
Dal matrimonio tra Ignazio senior ed Elisabetta Rosa Minervini nacquero nove figli. Per non tediare il lettore scriverò solo dei maschi Stefano e Pasquale.
Stefano Salvemini nacque il 4 ottobre 1818. Il 5 settembre 1841, per capitoli matrimoniali rogati nello stesso giorno, il marinaro Stefano Salvemini si sposò con Annantonia Petruzzella. Dall’unione tra Stefano e Annantonia Petruzzella nacquero: Ignazio (1842), Nicolò (Molfetta, n. 2 giugno 1845 - Acque di Vieste, m. 8 aprile 1873). Angelo Pasquale (1848), Antonio (1850), Elisabetta, Maria Raffaela, Isabella e Maria.
Pasquale Salvemini nacque il 5 ottobre 1822. Il 24 dicembre 1844, per capitoli matrimoniali rogati il 21 dicembre 1844, il Parroco di San Gennaro celebrò il matrimonio tra il marinaro Pasquale Salvemini e Carmina Anastasia Abbattista. Dalla loro unione nacquero due maschi ai quali fu imposto il medesimo nome di Ignazio.
Il primo Ignazio (di Pasquale) nacque il 14 gennaio 1847 e morì il 13 febbraio 1876, all’età di 27 anni. Il 13 novembre 1870 Ignazio Salvemini si unì in matrimonio con la filatrice Antonia de Biase, figlia dei defunti Pantaleo e Franceschina Rotondella. In precedenza, il 23 ottobre 1870 erano stati redatti il processo verbale (seconda pubblicazione) relativo al matrimonio che si intendeva contrarre e l’atto notarile rogato dal notaio Ignazio Fontana contenente i capitoli matrimoniali che avrebbero governato la futura vita coniugale della coppia. Fu proprio in occasione della scrittura del rogito che, quale anticipo della futura successione nell’eredità, Pasquale Salvemini donò a suo figlio (Ignazio, il futuro sposo) carati 12 di una paranza composta da due bilancelle chiamate «l’Ascenzione» di 12,24 tonnellate e «la Primavera» di 11,33 tonnellate, rispettivamente, iscritte nel 1866 al numero 441 e nel 1867 al numero 675 del Registro matricola delle navi a vela del Compartimento marittimo di Bari.
Il secondo Ignazio Salvemini (di Pasquale) nacque il 21 luglio 1849. Il 23 gennaio 1876 il marinaro Ignazio si unì in matrimonio con Maria Tridente di Mauro. Nel 1894 Ignazio Salvemini era “Marinaro autorizzato”, iscritto alla matricola N° 3126 del Compartimento marittimo di Bari, al comando della bilancella «Santa Lucia» registrata al N° 836 della matricola delle navi. Il 1° luglio 1907 Ignazio, proveniente dal n. 14304 di Bari, fu iscritto con la qualità di “Pescatore d’Alto mare” sotto la matricola N° 2663 della gente di mare di 1a Categoria del Circondario marittimo di Molfetta. Cancellato il 24 novembre 1927, all’età di 79 anni, dalla matricola della gente di mare per “abbandono della navigazione”.
Il 21 settembre 1863, con un primo testamento, il padrone di paranzelli da pesca Ignazio Salvemini senior dispose eredi universali i suoi sette figli (Stefano, Pasquale, sacerdote Antonio, sacerdote Corrado, Laura, Maria e Chiara Salvemini), avuti da sua moglie Elisabetta Minervini. Egli dichiarò di essere proprietario di un fondo rurale con casinetto di ettari 2, are 47, centiare 19 in contrada Belvedere, e di due paranzelli. Per successivo testamento del 1° dicembre 1870, Ignazio Salvemini senior, residente in una casa posta su Via Cappuccini e Vico Scotti, ribadì di avere sette figli e di essere proprietario di una metà di due paranzelli da pesca (n.d.a. l’Ascenzione e la Primavera) e di un fondo rurale con casinetto e giardino alla contrada Belvedere. Il terreno ed il casinetto lo lasciò al sacerdote Antonio. Il rimanente dell’eredità dispose che doveva andare ai quattro figli maschi.
Il 20 aprile 1887 i fratelli Salvemini, Stefano e Pasquale, figli ed eredi del defunto Ignazio senior, vendettero le due bilancelle (l’Ascenzione di 8,81 tonnellate; la Primavera di 9,29 tonnellate) per 2.600 Lire italiane ai marinari Ignazio Salvemini di Pasquale e Giovanni Lorenzo Salvemini fu Giacomo, acquirenti per 12 carati ciascuno.
Le notizie riportate certificano che dal 1866/67 al 1870 le due bilancelle (denominazione ufficiale stabilita dal Regio Decreto n° 1080 del 9 novembre 1872), in pratica, furono di proprietà di Ignazio Salvemini senior. Dopo il decesso di quest’ultimo (dicembre 1870) e la prematura morte di Ignazio junior (febbraio 1876), la proprietà delle due paranzelle si riunificò nelle mani dei figli Stefano e Pasquale. Questa realtà confluisce in un dato di fatto innegabile: l’anno zero della processione a mare ricade nel periodo che va dal settembre 1870 al settembre 1876 (estremi inclusi).
In chiusura, due parole sui testimoni interrogati dal Can. Samarelli. Entrambi dovevano avere legami con la famiglia Salvemini. Del secondo (Cormio) è probabile ch’egli fosse il marinaio Matteo (n. 16 febbraio 1862), figlio del calefato Raffaele e Isabella Petruzzella, marito di Ippolita Salvemini fu Giacomo, iscritto alla matricola n° 1619 della Gente di mare, considerato che il coetaneo Carlo Cormio (n. 9 gennaio 1862), matricola n° 543 della Gente di mare, nel 1928 era già deceduto.
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