A Molfetta: Villa - I Carrubi - gia' casina... Losapio

 

A Molfetta: Villa  - I Carrubi - gia' casina... Losapio

 

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Molfetta, 24/07/2024



Villa “I Carrubi” già casina... Losapio. A Molfetta.

La villa oggetto di questa ricerca nel XIX secolo era inserita in contrada Sedelle, nome che trae origine dalla presenza (già nel 1542) in quella zona di «multis arboribus ficuum sedellarum», qualità di fichi che dovrebbe coincidere con i fichi “zetelle”, molto probabilmente provenienti dalla zona di Gaeta.

Condividiamo un'altra ricerca storica, realizzata dal nostro amico Corrado Pisani, un grande appassionato di Molfetta, noi dell'Associazione Oll Muvi, lo ringraziamo per la su passione e professionalità delle sue "preziose ricerche", attraverso il nostro sito web www.ilovemolfetta.it” riteniamo giusto far conoscere questi lavori.


Nel 1751, a partire dal 2 gennaio e sino al 29 maggio di quello stesso anno, gli apprezzatori Onofrio de Dato, Saverio di Gioia, Domenico Andrea Bultis e Nicolò Fedele Colamartino, i primi due di Molfetta ed i restanti, rispettivamente, di Bitonto e di Bisceglie, eseguirono le misurazioni di tutte le diverse proprietà rurali che costituivano l’intero territorio di Molfetta. I rilievi eseguiti evidenziarono che in questa zona, comprendente 87 proprietà fondiarie (delle quali solo tredici avevano una superficie pari o superiore alle 3 vigne), erano presenti poche “fabbriche” (un lago vecchio per acqua, un pozzo, una torre per uso di abitazione e due torrette).
Le vicende di questa struttura (il cui titolo completo è casina Fornari, poi Attanasio indi Losapio) iniziano con il bracciale Vito Onofrio della Candida.


Per capitoli matrimoniali rogati in data 25 novembre 1715 Vito Onofrio della Candida di Nicolangelo sposava Maria Anna Cirillo (m. 26 novembre 1738). Dopo il decesso della moglie, avvenuto il 26 novembre 1738, Vito Onofrio si risposò con Antonia de Pinto, per capitoli matrimoniali rogati in data 22 gennaio 1739 da notar Mauro Antonio Modugno. Scomparsa anche la seconda moglie, Vito Onofrio della Candida si sposò, in terze nozze, con Margherita Gadaleta vedova di Corrado Coppolecchia, per capitoli matrimoniali rogati il 27 maggio 1753. Il 5 luglio 1766, Vito Onofrio della Candida morì all’eta di 67 anni. Tra i beni lasciati in eredità c’era un fondo rurale di 4 vigne alle Sedelle, portato in dote dalla terza moglie.

Il fondo alle Sedelle passò, quindi, in proprieta di Michele della Candida, figlio di primo letto di Vito Onofrio, che per capitoli matrimoniali rogati da notar Oronzo Maggialetti il 15 gennaio 1758 si era sposato con Maria Nicola Tomasicchio di Bari. L’unione tra Michele della Candida e Maria Nicola Tomasicchio vide nascere il 1° febbraio 1761 una bimba alla quale fu imposto il nome Giovanna della Candida (al fonte battesimale Giovanna, Maria, Ignazia). Sarà proprio Giovanna a sposare, per capitoli matrimoniali rogati il 4 maggio 1783 per gli atti di notar Vincenzo Gaeta, il contadino Salvatore Murolo.

Nel Catasto di Molfetta del 1823, Salvatore Murolo risultava essere il proprietario di un vigneto di 3 vigne con casa rurale in contrada Sedelle. In realtà, questa registrazione non corrisponde al vero perchè Salvatore era già morto dieci anni prima ovvero il 24 settembre 1812, all’età di 53 anni. Deceduti Salvatore Murolo e Giovanna della Candida (“de Candia” nell’atto di morte, m. 3 aprile 1833), il fondo rurale in contrada Sedelle fu ereditato dalla figlia Maria Murolo. Di lei (n. 1790 ca.) sappiamo che, per capitoli matrimoniali rogati in data 25 settembre 1808 da notar Francesco Paolo Rotondo, si unì in matrimonio con l’orefice Vincenzo Santoro di Giovanni.

Quarant’anni più tardi, il 23 febbraio 1848, dinanzi il notaio Francesco Saverio Palombella, il fabbricante di cremor di tartaro Vincenzo Santoro dichiarò di essere debitore di docati 1.190 nei confronti del Padrone di Barca Francesco Fornari di Giambattista e non potendolo estinguere immediatamente propose al Fornari di ricevere come rimborso parziale dell’intera somma un terreno posto in contrada delle Sedelle e per il rimanente di accordargli una dilazione di anni due. A detta richiesta il Fornari accondiscese in virtù della vecchia amicizia e delle lunghe relazioni commerciali intercorse tra loro. Decisero così di far stipulare un contratto di compravendita con il quale il Santoro cedeva al Fornari, senza alcun patto di ricompra, un fondo oliveto-vigneto sito in contrada delle Sedelle di vigne 3 ed ordini 6 con una casa rurale dentro. La vendita fu convenuta per il prezzo di 800 Docati.

Il 15 giugno 1865 Francesco Fornari morì all’età di 56 anni. Lasciava i figli Anna Saveria (nata dal matrimonio con Maria Domenica Antico, sua prima moglie) e Lucrezia, Salvatore, Nicola e Giuseppantonio (figli nati dal secodo matrimonio con Isabellangela Valentini).

Poco tempo prima, il 22 maggio 1865, per tavole nunziali rogate il passato 20 maggio, Anna Saveria Fornari (figlia del citato Francesco) era convolata a nozze con il negoziante Bonaventura Attanasio (n. 8 giugno 1844, figlio del negoziante Giuseppe del fu Bonaventura). Il matrimonio Attanasio-Fornari vide la nascita di ben tredici figli (sette maschi e sei femmine). Di essi citiamo la sola Caterina (n. 21 maggio 1881) che il 4 settembre 1907 si sposò con Francesco Fornari, figlio del proprietario Niccolò e della gentildonna Maria Giuseppa Peruzzi. Fu proprio Caterina Attanasio a lavorare la bandiera “stemmata” con le insegne del nostro Comune donata il 9 novembre 1902 all’omonimo piroscafo “Molfetta” della compagnia di navigazione Puglia, varato domenica 11 maggio 1902 alle ore 09.15 nel Cantiere Orlando di Livorno.

Nel bimestre 30 marzo-30 maggio 1875, gli eredi del defunto Francesco Fornari decisero di dividere l’eredità paterna. Il fondo rustico con casa rurale alle Sedelle di ettare 1, are 55, ca. 73 (pari a metri quadrati 15.573) restò assegnato alla primogenita Anna Saveria Fornari. Cinque anni dopo, il 21 aprile 1880 Bonaventura Attanasio presentò un’istanza alla Curia Vescovile per poter realizzare una cappella accanto al suo “casino”. L’autorizzazione fu concessa una settimana dopo.

Realizzata la cappellina, sull’ingresso fu incisa la seguente iscrizione: AEDICULAM HANC DIVAE ANNAE DICATAM / BONAVENTURA ATTANASIO QUO COMMODIUS DIES FESTUS EXPLERET / SIBI SUISQUE ALIISQUE RURI MORANTIBUS EXCITAVIT / ANNO D(ies) S(alutis) MDCCCLXXX (traduzione: Bonaventura Attanasio, ha dedicato questa cappellina a Sant’Anna per rendere più comodi i giorni festivi per sè e la sua famiglia, e per richiamare coloro che soggiornano nelle vicine campagne. Anno del Signore 1880).

In questo periodo la Ditta Attanasio, per la lavorazione di tessuti, fondata da Giuseppe Attanasio e passata poi ai figli (i fratelli Bonaventura, Giuseppe e Saverio), si trovava in grosse difficoltà finanziarie, tanto che il Tribunale civile e correzionale di Trani per sentenza datata 28 settembre 1887 ne dichiarò il fallimento e poi ne dispose la messa in liquidazione.

Intorno al 1915 il fondo rurale e la casina furono ceduti alla famiglia Losapio. Il 25 aprile 1921, Mons. Agostino Migliore (Vescovo di Monopoli), visitò l’oratorio presente nella casina di villeggiatura. Riferì che era di proprietà del signor Sergio Losapio, ma stranamente non riportò la presenza dell’iscrizione (forse perchè ricoperta). Il Vescovo, inoltre, precisò che l’oratorio era dedicato alla Madre di Dio, rappresentata in un quadro ad oleografia presente sull’altare.

Vediamo ora chi erano i nuovi proprietari Sergio Losapio e Lucia Gadaleta, sua moglie. Il primo, nato in Bisceglie il 19 luglio 1878, era figlio del possidente Mauro Domenico e di Maria Grazia Caprioli. Agli inizi del 1900 si trasferì a Molfetta e qui, il 2 ottobre 1905, si sposò con Lucia Gadaleta (Molfetta, n. 24 ottobre 1885 - m. 31 maggio 1948), figlia del proprietario Pietro e di Chiara Isabella Gadaleta, coniugi domiciliati nel palazzo Candida (Largo Paradiso numero 5).

Questo immobile, edificato nel 1781 per volontà del sacerdote D. Niccolò Francesco Candida, sul portone d’ingresso porta l’arme della famiglia Candida e poco sotto l’iscrizione A(nno) D(omini) 1781.

Lo stemma, simile a quello dei Candida di Lucera, è così blasonato: d’argento, alla sirena a doppia coda (bicaudata), tenente con ciascuna mano una delle code, volte in alto, uscente da un mare di verde, di carnagione, coronata di oro.

Intorno al 1853, Palazzo Candida divenne la residenza dei coniugi Francesco Gadaleta e Lucia Facchini, nonni paterni di Lucia. L’8 aprile del seguente 1881 gli eredi di Francesco Gadaleta divisero l’eredità e la casa restò assegnata al figlio Pietro Gadaleta (n. 3 marzo 1856) che il seguente 4 maggio 1881 si unì in matrimonio con la proprietaria Chiara Isabella Gadaleta, figlia di Angelantonio Gadaleta e di Carmela Pisani. Questi fatti, che possono sembrare insignificanti, sono importanti per chiarirne altri. Infatti, l’abside della cappellina ivi presente è sormontato da una calotta semisferica ornata con una colomba in stucco con raggi dorati, posta in chiave di volta, e di tre settori decorati ciascuno con una sirena bicaudata. Questa figura chimerica ricorda proprio lo stemma presente sulla casa dove era nata Lucia Gadaleta moglie di Sergio Losapio.

Nel 1908 il commerciante/negoziante Sergio Losapio era un noto esportatore-produttore di olio, vino e mandorle. Nel 1910-14 il Losapio era armatore del brigantino goletta Lombardia (di 151 tonnellate). Il seguente anno (1915), il Losapio aveva ceduto il veliero, molto probabilmente per far fronte all’acquisto del casino di villeggiatura. Agli inizi del 1920 Sergio Losapio acquistò due trabaccoli chiamati I Tre Fratelli (di 43,71 tonnellate) e Bella Venezia (di 53,84 tonnellate) che rivendette l’anno successivo.

Gli anni passavano ed i coniugi Losapio-Gadaleta non avevano eredi. Fu così che nei due maturò la volontà di fare una promessa. Entrambi fecero “voto” che se avessero avuto un figlio avrebbero fatto realizzare e donato alla chiesa dell’Immacolata di Molfetta un’immagine della Vergine.

Nel 1923, dopo aver superato una difficile gravidanza ed aver dato alla luce un erede, i coniugi fecero realizzare dal maestro cartapestaio Cav. Raffaele Caretta (Lecce, n. 18 febbraio 1871 - m. 17 giugno 1950) una statua che raffigura la Beata Vergine Maria del Parto. Questa notizia fa il paio con la dedica in onore di sant’Anna della cappella presente in villa. Qualche tempo dopo la donazione, il Parroco D. Giuseppe Gadaleta fece erigere un altare in tufo e cemento e nella nicchia collocò la statua. Il lavoro in stucco e oro zecchino furono anch’essi dono dei benefattori Losapio-Gadaleta.

Dopo la scomparsa dei due coniugi, casina di villeggiatura e cappellina passarono in proprietà della famiglia Giancaspro. Nel dicembre del 1987 l’immobile, che si trovava in stato di totale abbandono, fu acquistato dall’avv. Mauro la Forgia e da sua moglie, la docente universitaria sig.ra Antonia Iannone.

Entrambi decisero, a costo di qualsiasi sacrificio, che avrebbero riportato l’intera struttura all’antico splendore. Con l’aiuto dell’architetto Gianni Gianniotti la struttura fu totalmente restaurata. Nel 2004 fu acquistata la restante parte del comprensorio. La presenza di una antica cisterna di raccolta delle acque piovane (cfr. le fabbriche presenti nel 1751) indusse a realizzare una sala. A realizzare il progetto fu chiamata l’architetto Valeria Freddi. La chiesetta fu restaurata ad opera del bravissimo artigiano signor Spadavecchia. La ripulitura della facciata fece riapparire l’iscrizione che abbiamo già riportato e tradotto.

Al termine dei lavori la villa fu ribattezzata “I Carrubi”, denominazione fortemente voluta dalle sorelle la Forgia, Giovanna e Maria Isabella, figlie dei coniugi “la Forgia-Iannone”, alle quali va il mio più sentito grazie per avermi rilasciato importanti notizie sulla struttura e dato il via a collazionare i documenti (raccolti durante le mie ricerche) che danno a questa bella struttura la “luce” che merita.

Cav. Corrado Pisani

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