Molfetta, 16/06/2024
Questa ricerca, avviata con tutt’altra finalità, mi ha consentito di registrare le vicende di diversi molfettesi che lasciata la nostra città raggiunsero Trieste per risiedervi o temporaneamente o definitivamente.
Ancora una ricerca esclusiva, realizzata dal nostro amico Cav. Corrado Pisani, un grande appassionato di storie molfettesi, che in queste righe racconta degli "emigrati-patrioti molfettesi in Trieste".
Affinchè non si perda la memoria, noi dell'Associazione Oll Muvi, attraverso il sito web "www.ilovemolfetta”, condividiamo con piacere il prezioso lavoro. A Voi tutti buona lettura.
Trasferitisi inizialmente per migliorare la propria posizione economica, in epoca successiva furono travolti dalla passione politica. Punto d’inizio dei fatti riportati è il periodo dei moti rivoluzionari avvenuti nella metà del XIX secolo e che lasciò ricordi indelebili sino alla Grande Guerra. Ed è proprio da quest’epoca che avviamo il nostro resoconto.
Il 29 marzo 1915 il signor Ulderico Robba, cittadino austriaco, comprò il piroscafo Gisela, battente bandiera austriaca, di proprietà della Società di navigazione del Lloyd austriaco. Il piroscafo a tre eliche, costruito su ordine dell’Austrian Lloyd’s Steam Navigation Company di Trieste, fu varato il 9 agosto 1892, nella città inglese di Sunderland, dal cantiere dei signori Joseph Lowes Thompson e F.lli. Le dimensioni principali erano: lunghezza 122,5 metri; larghezza 14,17 metri; altezza 9,44 metri; stazza lorda 4.300 tonnellate. La nave fu costruita in acciaio ottenuto col forno Siemens-Martin. I motori, della potenza di 415 HP, del tipo a vapore a triplice espansione, furono montati dall’ing. meccanico John Dickinson (1825-1908). Il 20 ottobre 1892 il piroscafo eseguì il suo viaggio di prova. In 23 ore coprì una distanza di 285 miglia, raggiungendo una velocità media di circa 12½ nodi.
La notte del 3 aprile 1915, posto sotto il comando del capitano Nazario Sauro, contro la vo¬lontà del Governo austriaco, il piroscafo lasciò il porto di Trieste per raggiungere Venezia. All’inizio della guerra italo-austriaca, il Gisela, battente bandiera austriaca, veniva sequestrato in base al decreto Luogo¬tenenziale 30 maggio 1915, n. 814.
A sequestro appena avvenuto, il signor Arrigo Modugno, cittadino italiano, nato e domiciliato a Trieste, rifugiatosi in Italia fin dall’aprile 1915, dichiarò alle autorità marittime italiane della Capitaneria di porto di Venezia che il piroscafo era di sua proprietà, per averne egli trattato l’acquisto nel marzo precedente col Lloyd austriaco, al quale aveva pagato il prezzo in corone 500.000 equivalenti a 525.000 Lire italiane. Il signor Robba, persona di sua fiducia, era figurato nel contratto come acquirente, solo perchè il Governo austriaco vietava al Lloyd, società sovvenzionata, di vendere i suoi vapori a sudditi esteri. Senza entrare in altri dettagli, dobbiamo dire che si innescò un contenzioso tra il Modugno e diversi organismi (Ministero dell’Interno, Ministero della marina, Governo). Coinvolta la Commissione delle prede (di guerra), il Modugno dovette dimostrare la sua cittadinanza italiana.
Fu proprio questa Commissione che, grazie ad un certificato del Sindaco di Molfetta, accertò il «suo vivo attaccamento per la patria egli ha dato le prove più sicure ed eloquenti, sia col mantenere la cittadinanza italiana, che la famiglia sua conservò durante oltre un secolo di residenza a Trieste, sia collo spiegare nel periodo precedente la guerra opera personale ed attiva per aiutare l’azione nostra con informazioni e con sussidi a disertori dell’Austria...».
Sulla base di tutta la documentazione probatoria, l’11 dicembre 1918, la Commissione delle prede dichiarò accertata l’appartenenza ad individuo di nazionalità italiana del piroscafo denominato Gisela sequestrato nel porto di Venezia all’inizio della guerra.
Incuriosito dal cognome dell’armatore del Gisela, decido di spingere la ricerca per vedere chi fosse l’uomo che per dimostrare la sua italianità aveva necessitato di una certificazione rilasciata da Gabriele Poli, Sindaco della nostra città dall’8 dicembre 1914 al 5 novembre 1918.
Ecco quanto è emerso.
Per capitoli matrimoniali rogati in data 5 settembre 1799, in Molfetta, Pietro Modugno si unì in matrimonio con Angela Maria Balacco. Dalla loro unione nacquero diversi figli, dei quali restarono in vita: Mauro (Molfetta, n. 1806 ca. - Trieste, m. 27 dicembre 1887), Carmina (Molfetta, n. 26 dicembre 1813 - Trieste, m. 2 febbraio 1887), Corrado (1815). Dopo il 1840, la famiglia si spostò in Trieste, considerato che nel periodo 1841-45 i fratelli Mauro Antonio Modugno e Sergio Modugno erano destinatari di pelli e guanti provenienti da Molfetta, trasportati dai nostri velieri (pielaghi).
Nel biennio 1849-50 i fratelli Modugno, Mauro e Sergio, furono inquadrati nella IV Compagnia, II Battaglione, della Guardia Nazionale della città di Trieste.
Nel gennaio del 1854 Corrado Modugno aveva un deposito di guanti. Corrado ebbe un figlio al quale impose il nome di Sergio (Molfetta, n. 1804 ca. - Trieste, m. 29 dicembre 1888). Tre anni dopo (1857), altro guantaio era il signor Mauro Antonio Modugno.
Intanto le vicende della penisola italiana iniziarono a coinvolgere emotivamente gli italiani presenti a Trieste. Sin dall’ottobre del 1859 a Trieste esisteva un comitato segreto che si interessava di organizzare l’emigrazione di giovani verso l’Emilia per poi andare ad arruolarsi nell’armata piemontese. Dal marzo 1860 ripresero le partenze clandestine di giovani, che andavano ad arruolarsi tra i Garibaldini.
Il comitato segreto comprendeva molte persone. I più alacri erano Marco Matera (Trani, n. 5 ottobre 1816 - Trieste, m. 15 febbraio 1888), Ferdinando Vecchi, Pietro Modugno (nipote di Sergio Modugno) ed il letterato barese Michele Buono (Bari, n. 2 ottobre 1826 - Trieste, m. 8 marzo 1892). I volontari si raccoglievano nella casa del Matera e nella casa della vedova Antonia Tonello, nella zona di San Giacomo Apostolo. A fornire il denaro, tra i tanti c’era il commerciante molfettese Beniamino Rotondo. Diverse partenze avvennero dal 5 al 22 settembre 1860. Poi intervenne la polizia. L’8 ottobre 1860 furono arrestati diversi componenti del comitato, tra i quali Matera, Modugno e Buono, contro i quali fu avviato un procedimento per alto tradimento. Poco dopo furono imprigionati Antonia Tonello e sua figlia Giustina, ed il commerciante Beniamino Rotondo. Dopo mesi di dura prigionia, furono condannati a pene detentive variabili da dieci a vent’anni di reclusione. L’istituzione a Trieste di una Dieta municipale, composta di elementi eletti, permise di promuovere un’istanza di amnistia all’Imperatore, che fu concessa nel 1862. Le due donne uscirono dal carcere.
Il 20 novembre 1861 Pietro Francesco Modugno si unì in matrimonio con Giustina Giovanna Tonello. Dall’unione tra Pietro e Giustina nacquero Vittorio (al fonte battesimale Mauro Antonio Vittore Trieste; n. 1862 ca. - m. 30 gennaio 1888) e il già citato Arrigo. Il 13 aprile 1871, il sensale (o mediatore di stabili) Pietro Modugno morì per malattia di cuore.
Altro patriota molfettese domiciliato in Trieste era il signor Beniamino Rotondo, nato a Molfetta dai coniugi Francesco Paolo Rotondo fu Pasquale e Caterina de Candia fu Giovanni che si erano sposati per capitoli matrimoniali rogati in data 3 settembre 1807. Dalla loro unione nacquero Pasquale (n. 27 agosto 1813 - m. 9 novembre 1876), Beniamino (Molfetta, n. 10 novembre 1823 - Napoli, m. 9 giugno 1910), Paolo (Molfetta, n. 17 marzo 1827 - Napoli, m. 25 aprile 1896), Giovanni e Luigi.
Il 7 novembre 1875, in Molfetta, Caterina de Candia morì all’età di ottantasette anni. Per testamento segreto datato 23 luglio 1873, dato a notar Matteo Massari il successivo 6 agosto 1873, aperto e letto il 13 gennaio 1876, Caterina de Candia fu Giovanni, vedova del predefunto consorte Francesco Paolo Rotondo, dispose eredi i figli maschi Pasquale, Giovanni, Luigi, Damiano e Paolo.
In attesa di raccogliere ulteriori dati, chiudo qui una pagina di storia cittadina (molto) poco nota.
Cav. Corrado Pisani
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