Molfetta, 20/07/2023
Noi dell'Associazione Oll Muvi, affermata nel mondo come I Love Molfetta, da sempre, con costanza e impegno, seguiamo l'argomento "emigrazione" quella italiana, pugliese e soprattutto molfettese, condividiamo un articolo pubblicato qualche giorno fa dal Sole24ore: "Fuga dei talenti, tutta una questione di soldi e carriera".
“Pensavi solo ai soldi, soldi”, canta Mahmood, due volte vincitore di Sanremo. Potrebbe essere questa la colonna sonora della fuga dei talenti o dell’“Italia migrans”, il Paese che emigra all’estero. Partono in tanti, tornano in pochi.
I primi cinque punti di debolezza dell’Italia coincidono con i punti di forza dell’estero.
Alle radici della fuga dei talenti, infatti, troviamo:
1. la scarsa gratificazione economica (59 % del campione);
2. la precarietà del lavoro (47 %);
3. la scarsa possibilità di avanzamenti e progressione di carriera (46 %);
4. lo scarso riconoscimento delle abilità (44 %);
5. la disorganizzazione (39 %).
I primi cinque punti di forza dell’ambiente di lavoro all’estero sono:
1.la gratificazione economica (74 %),
2.seguita dalla possibilità di avanzamenti e progressione di carriera (67 %),
3.riconoscimento delle abilità (61 %),
4. ambiente di lavoro stimolante (54 %)
5.l’efficienza.(42 %)
La “fuga dei talenti” o “brain drain” – spiega il libro, al centro dell’incontro "Talenti in fuga" promosso a Scorrano in Puglia dal Cafre dell’università di Pisa e dalla SoIS (Società italiana di sociologia) – vuol dire fuga di soldi: l’emigrazione, infatti, costerebbe all’Italia 14 miliardi di euro, equivalente a un punto percentuale del Pil.
L’“Italia con il trattino” deve rimboccarsi le maniche.
Lo può fare avendo la consapevolezza che i giovani italiani non percepiscono la loro identità come unica, ma – spiega Delfina Licata – «come un complesso di identità in continua trasformazione, sempre connesse con qualsiasi parte del mondo, in perenne confronto, in assorbimento di qualsiasi elemento che si ritenga in linea con i desideri e il modo di essere di quel determinato momento».
I giovani non misurano la storia in anni o in decenni, ma in giorni, cercando la loro “zona di comfort” soprattutto economica anche lontano da dove sono nati.
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