Molfetta, 02/05/2023
Molfetta, sabato, 11 maggio 1560, ore 04:40, una scossa di terremoto scuote la Città.
Una bellissima ricerca realizzata dal nostro amico Corrado Pisani, un grande appassionato di storie molfettesi, condividiamo una documentazione davvero notevole, diversi suoi lavori sono pubblicati sul sito dell'Associazione Oll Muvi, affermata nel mondo con il logo I Love Molfetta, le sue "micro - preziose - ricerche", vengono apprezzate soprattutto dagli "amici emigrati molfettesi" sparsi nei cinque continenti.
Sessantasette anni più tardi, il vescovo Giovanni Antonio Bovio (Bellinzago Novarese, n. 1566 ca. - Molfetta, m. 12 agosto 1622) raccogliendo il materiale per la sua Breve Historia dell’Origine, Fondatione, e Miracoli della devota Chiesa de S. Maria de’ Martiri di Molfetta (pubblicata postuma nel 1635) ebbe a scrivere su questo evento naturale: «...si sentì gagliardissimamente, di maniera, che pareva, che tutta la Città dovesse ruinare: e diede così grande spavento, che tutte le persone uscirono fuora dalle loro case, e givano gridando misericordia, & invocando S. Maria de’ Marteri in loro aiuto, facendo anco voto di celebrar sollennemente quel giorno ogn’anno ad honore di lei. ...onde il Vescovo ordinò, che ogn’anno si fusse sollennizato quel giorno, e si fusse anco andato col Clero in processione à render gratie in essa Chiesa». Tre secoli dopo (1878), il Can. Antonio Salvemini aggiunse che i molfettesi: «...fecero il voto di andare in ogni anno al Santuario col clero e col corpo municipale a celebrare una solenne messa di ringraziamento per averli liberati da sì grave flagello, e di portarle una oblazione di cera lavorata».
Il 30 luglio 1627, alle ore 10:50, nel Gargano si verificò un terremoto ancora più devastante con intensità all’epicentro del 10° grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). Frate Geronimo di Napoli, Padre Provinciale dei Cappuccini, in una lettera scritta da Bovino il 2 agosto 1627, precisando che lui quel giorno si trovava nella città di Lucera, testimoniò il verificarsi di uno “tsunami di grandi dimensioni” (cfr. Centro Allerta Tsunami, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Fra Geronimo, infatti, così descrisse l’evento: «Li Pozzi per la forza del terremoto hanno buttata l’acqua fuora, sono cascate Chiese, e Campane dalli Campanili. Il mare della Reviera di Fortore, e di S. Nicandro se ritirò indietro due miglia, e poi uscì fuora li suoi confini altre due miglia, ...».
Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CTPI15 e il Database Macrosismico Italiano DBMI15 riportano che il terremoto del 1627 a Molfetta fu “sentito distintamente” (HF ossia Higly Felt).
Per essere stata nuovamente preservata dal terremoto, l’Università decise subito di contribuire alle spese per la celebrazione di messe di ringraziamento in onore del Signore. Nella riunione del 14 agosto 1627, il Consiglio Decurionale deliberò di accompagnare la processione di San Corrado, protettore della Città, che si sarebbe svolta quella stessa sera, concedendo facoltà ai Sindaci di omaggiare la stessa (processione) con l’invio di 4 torce di cera. Due giorni dopo (16 agosto), l’Università pagò a Pirro Giacomo de Dato ducati 7 per aver somministrato 20 libbre di cera lavorata, consistente in sei torce (candele), delle quali due furono date al Capitolo in occasione dell’uscita delle reliquie di S. Cristoforo per la città, e quattro per l’uscita delle reliquie di S. Corrado e si portarono in processione alla Santissima Vergine dei Martiri.
Nei giorni compresi dal 9 al 14 agosto (estremi inclusi) l’Università contribuì con una spesa di circa 43 ducati e mezzo per l’esecuzione della pia pratica delle Quarant’ore celebrata nella chiesa di S. Francesco. Dell’intera somma, più di 28 ducati servirono per la somministrazione di cera, mentre ducati 4 furono pagati al clerico Troiano Rocca, musico di Andria, quale compenso di cinque giorni per aver cantato (in falsetto) in giro per la città e aver cantato durante la musica eseguita per dare solennità alle Quarant’ore. Altri ducati 5 furono pagati ai sacerdoti D. Fabrizio Coletta, D. Giovanni Silvestro Dragone, D. Giacomo Antonio Bruno, D. Francesco Paolo Vigilante e Ruggiero Rossi, musici, per aver cantato tre giorni durante le Quarant’ore.
A questo punto, accettando senza dubbio alcuno il fatto che la festa della Mèdonne du tremelizze (Madonna protettrice contro il terremoto, così restituita da Rosaria Scardigno) viene celebrata sin dal lontano 1560, diamo contezza dell’esistenza di alcuni documenti (inediti) che attestano la continuità temporale.
Il 16 maggio 1716 l’Università versò al Rev. Don Nicola Vito de Gaudio, Cappellano della chiesa di S. Maria dei Martiri, carlini 10 e mezzo per il costo di libre 3 (grammi 80) di cera lavorata collocate dallo stesso (sacerdote) sull’altare maggiore di detta chiesa «mentre andò la Processione, e si celebrò la messa cantata in detto altare, conforme il solito costume di detta Università ogn’anno nello giorno della Madonna del Tremolizzo nel mese di maggio».
Dieci anni dopo (1726) Mons. Salerni stabilì i percorsi delle processioni che si tenevano in città. Per quella che si svolgeva la mattina dell’11 maggio dispose: «esce per la Porta Maggiore [della Cattedrale], gira per la strada dè Preti, per la Piazza, esce al Borgo, si porta a dirittura a S. Maria de Martiri, da dove recta via ritorna alla Catedrale per la strada del Salvatore».
L’11 maggio 1730 l’Università pagò al Rev. Giuseppe de Gaudio, Cappellano della chiesa di S. Maria dei Martiri, carlini 18 per il prezzo di libre 6 (grammi 160) di cera lavorata, consistente in 12 candele, servite all’altare maggiore di detta «Vergine nel giorno di S. Maria de Terremoto ... seu la Madonna del Tremolizzo secondo il voto di q(uest)a Città».
L’11 maggio 1766 il Rev. Don Geronimo de Santis, Cappellano della chiesa di S. Maria dei Martiri, ricevette dall’Università un’oblazione di cera «nel giorno della festa di S. Maria del Tremolizzo».
Buona festa a tutti.
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