Il casino della famiglia de Pinto a Molfetta

 

Il casino della famiglia de Pinto  a Molfetta

 

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Molfetta, 25/06/2024


Il cognome “de Pinto”, oggetto di un prossimo articolo, deriva dal soprannome (Pintus) che trae origine dal latino pinctus con il significato di persona “colorita o scura di pelle”.

La testimonianza più imponente di questo casato è visibile nell’agro del nostro territorio, esattamente in "contrada Camere."Ancor oggi, seppur in stato di abbandono, è presente il casino (di villeggiatura) della famiglia “de Pinto”.

Un'altra importante ricerca, realizzata dal nostro amico Corrado Pisani, un grande appassionato di storie molfettesi, che condividiamo affinchè non si perda la memoria, noi dell'Associazione Oll Muvi, attraverso il sito web "www.ilovemolfetta.it”.

La posizione del fabbricato è individuata dalle seguenti coordinate geografiche (latitudine 41°10'49" N.; longitudine 16°35'06" E.; altitudine 110 metri circa) come pure dalle particelle nn. 25 e 26 del Foglio Catastale numero 33.

Poco dopo aver superato ponte Troppoli, sulla S.P. 112 (Molfetta-Terlizzi), si deve imboccare ad est la strada vicinale Casina Ribera e, proseguendo sempre dritto, ci si deve inoltrare nella vicinale “antica delle Camere”.

In pratica, la struttura è collocata a circa 430 metri (in linea retta) dalla strada provinciale. La Carta Tecnica dell’Italia Meridionale, edita nel 1982, indica l’immobile col nome di Casino Fraggiacomo. In realtà, trattasi di un mero errore, considerato che il (vero) casino Fraggiacomo, come già visto in un precedente scritto, (CLICCA QUI) è quello con la dicitura Scuola materna.

Precisato questo particolare, ripercorriamo l’evoluzione onomastica della zona. Agli inizi del XVI secolo tutta la località era contraddistinta dal nome clusum Alamannorum o clusum de la Masone, derivato dal fatto che, dal 1508 al 1556, nella più ampia località di lama (de) Martina esisteva un fondo recintato (da pareti) di proprietà dell’Ordine Teutonico. Nel 1526, Johannello de Johanne alias de Agno (n. 1496 circa), era proprietario di una porzione di un terreno chiamato cluso dela Masona, prossimo a proprietà fondiarie della famiglia de Mininno alias de Missina alias Cito. Sino al 1538, Johannello acquisì i terreni limitrofi alla sua porzione di cluso dela Masona, situati in località Camporum. Nel 1552, sempre Johannello era titolare di diverse partite fondiarie in località Campore. Saltando a piè pari diverse compravendite, giungiamo al 1578, anno in cui l’intero cluso dicto de la Masone, contiguo alla contrada la Campora, era di Johannello de Agno.

Il 22 settembre 1613 Laura de Agno, figlia di Johannello, si unì in matrimonio con Angelo Michielli di Teodosio. Alla data del 10 luglio 1648, era proprio Angelo Michielli il proprietario di un chiuso a Lamasola, situato in località lama Martina.

Il 15 agosto 1614 furono redatti i capitoli matrimoniali tra Francesco Antonio de Agno e Julia de Agno, figlia del dottor Gioan Francesco. Nel 1617, questi stessi coniugi avevano due figli minori Giovannello (Johannello) e Carlo. Alla morte di Giovannello de Agno, unico erede divenne loro figlio, il dottore in legge Francesco Antonio che morirà in un anno non noto, ma ricadente nel sessennio 1624-29.
Trent’anni dopo (1650), Veronica Spinola divenne Principessa di Molfetta. Nel 1656 Veronica inviò nella nostra Città, con l’incarico di guardiano del porto, Agostino Massa oriundo di La Spezia. Il 4 agosto dello stesso anno (1656) Agostino Massa si unì in matrimonio con Teresa Cimino, figlia di Vittoria de Agno vedova di Joannes Battista Cimino di Bari. I coniugi Agostino e Teresa ebbero diversi figli, tra i quali Giuseppe (n. 25 giugno 1665).

Il 24 novembre 1659, dopo aver fatto eseguire un inventario, Laura de Agno vedova di Angelo Michielli ed erede universale di suo fratello Francesco Antonio, unitamente ai coniugi Agostino Massa e Teresa Cimino si divisero i beni ereditati. Tra questi era compreso un fondo rurale di 9 vigne in località detta le Campore. Subito dopo la divisione dell’eredità, nella stessa giornata, Agostino Massa e Teresa Cimino concordarono i capitoli matrimoniali che avrebbero governato la loro unione. L’8 aprile 1682, Isabella Michielli vedova di Jacobo de Quina dichiarò di aver ereditato da sua madre Laura de Agno un latifondo «...cum jardinello murato, Turri, ac medietate putei in ea sistentibus in loco detto le Campore...» dell’estensione di 9 vigne e 30 ordini.

Per testamento del 9 gennaio 1689 Agostino Massa nominò eredi universali i suoi due figli maschi, Savino ed il chierico Giuseppe, nati dalla defunta Teresa Cimino. Nel quinquennio 1692-96 l’abate Giuseppe Massa svolse l’incarico di Agente generale del Duca di S. Pietro, utile Signore della città di Molfetta. Dopo il 1724 l’abbate Giuseppe Massa si trasferì a Napoli, dove morì nell’aprile del 1739.

Un decennio prima di andare via da Molfetta, il 17 giugno 1713, l’abate Giuseppe Massa vendette al sacerdote Joanne Pietro de Pinto il fondo di 12 vigne con torre et puteo ab aqua in località le Campore. Per testamento del 18 marzo 1719, il sacerdote Joanne Pietro de Pinto di Sergio dispose erede universale suo fratello Pantaleone. Il 27 febbraio del 1730 Pantaleone de Pinto detto le sue ultime volontà. Eredi universali i suoi figli Sergio Maria de Pinto (n. 17 aprile 1718) e Giampietro de Pinto (n. 20 agosto 1722), nati dal matrimonio con Franceschina Sasso.

Il 10 agosto 1749, Giampietro de Pinto e Cecilia Matera, figlia di mastro Giacomo Matera di Andria e Angela Maria de Candia, ratificarono i capitoli matrimoniali, già stipulati il 26 settembre del 1748. I documenti finanziari del triennio 1751-53 attestano che il sacerdote Giuseppe Antonio de Pinto, di anni 70, era proprietario di un oliveto, della superficie di dieci o undici vigne, con torretta, situato in località le Camere (o Cambore o Campore). Per testamento del 26 febbraio 1759 il sacerdote Giuseppe Antonio de Pinto dispose eredi universali i nipoti, sacerdote Sergio Maria e Giampietro, figli di suo fratello Pantaleone de Pinto. Per testamento del 14 settembre 1790, Giampietro de Pinto ordinò che i suoi figli, il sacerdote Gioacchino (n. 1752 ca. - m. 4 febbraio 1814), Giuseppe (m. ante 1799) e Sergio (n. 1763 ca. - m. 15 luglio 1839), nati da Cecilia Matera (m. 6 settembre 1805), dovevano essere gli eredi universali di tutti i suoi beni. Altri figli di detti coniugi (Giampietro e Cecilia) furono Maria de Pinto (n. 1751 ca. - m. 31 agosto 1833; moglie di Nicola Domenico Capotorto), Giacomo de Pinto (n. 1755 ca. - m. 5 settembre 1818) ed Angela Maria de Pinto (n. 1766 ca. - m. 3 gennaio 1842; moglie di Giacobbe Vista).

Per testamento 19 settembre 1799, il canonico Sergio Maria de Pinto (m. 12 gennaio 1800) nominò eredi universali i nipoti, canonico Gioacchino, Sergio e le sorelle Cecilia e Rosa de Pinto, quest’ultime figlie di Maria Teresa Siciliani vedova del fu Giuseppe de Pinto. Il 1° marzo 1800 fu eseguito l’inventario dei beni ereditari del defunto canonico. Tra le diverse proprietà c’era un terreno di vigne 12 con un’altra vigna contigua e casino alle Cambore. Il 23 giugno dello stesso anno (1800), gli eredi si divisero i beni ereditati. Il casino restò a Sergio de Pinto. Quest’ultimo (Sergio de Pinto), per capitoli matrimoniali rogati in data 21 marzo 1790, aveva sposato Isabella Siciliano della città di Grumo. Dalla loro unione nacquero Giampietro (n. 1793 ca. - m. 7 settembre 1863; marito di Felicia Cappelluto), Rocco (n. 1797 ca. - m. 18 dicembre 1831; marito prima di Francesca de Gioja e, in seconde nozze, di Antonia Messina vedova di Giuseppe Senatore), Gioacchino (n. 1800 ca. - m. 10 gennaio 1848; celibe), Giuseppe (n. 1802 ca. - m. 15 novembre 1850; marito di Maria Modugno), Angela Rosa e Cecilia (n. 1807 ca. - m. 21 dicembre 1825).

Il 22 giugno 1815, Isabella Siciliano, moglie di Sergio de Pinto, morì all’età di 46 anni. Per testamento datato 19 giugno 1815 Isabella Siciliani aveva disposto eredi i suoi figli. Pochi mesi dopo, il 19 ottobre, il proprietario Sergio de Pinto sposava, in seconde nozze, la proprietaria Antonia Siena di Bitonto vedova del fu Orazio Augenti.

Nel 1823, Sergio de Pinto era proprietario di alcuni terreni contigui, per una superficie totale di 6 vigne e 15 ordini, in località Camere. Le proprietà, riportate nella Sezione D denominata S. Leonardo, erano identificate dai numeri 303 (4 vigne), 314 (32 ordini), 316 (giardinetto ossia frutteto di 3 ordini) e 318 (1 vigna e mezzo) mentre sotto il numero 315 era accatastato il casino di sette stanze, stalla e camerone per bovi.

Il 2 dicembre 1826, Antonia Siena, seconda moglie di Sergio de Pinto, morì. Il decesso anche della seconda moglie indusse Sergio a cedere la proprietà rurale dov’era situato il casino di villeggiatura. L’8 giugno 1835, per atto di notar Francesco Saverio Palombella, Sergio de Pinto vendette per 700 ducati al pizzicagnolo Giuseppe Senatore (marito di Antonia Messina) un fondo rurale di sei vigne con un casino semidiruto di sette stanze, stalla e camerone per bovi, situati nella contrada chiamata delle Camere. Quattro anni dopo la vendita, il 15 luglio 1839, Sergio de Pinto morì.

Il 29 ottobre dello stesso anno (1839) Giuseppe Senatore rivendette per 1.200 ducati il medesimo terreno e casino al negoziante Ignazio Panunzio fu Tommaso, marito di Maria Panunzio.

to be continued ...

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