Molfettesi nell ' ateneo di Padova

 

Molfettesi nell ' ateneo di Padova

 

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Molfetta, 12/12/2023



La recente pubblicazione del testo «Giaquinto, Porta e le botteghe meridionali del Settecento» di due valenti studiosi, Cecilia Veronese e Francesco de Nicolo, edito da Claudio Grenzi di Foggia, promossa dalla Fondazione Museo Diocesano di Molfetta e dall’Università di Padova, materializzatasi inoltre nella interessantissima mostra “Il mestiere del pittore”, allestita nei nuovi ambienti del Seminario Vescovile annessi al Museo Diocesano, mi ha portato a svolgere una piccola ricerca sulla presenza di molfettesi nell’ateneo di Padova, fondato nel 1222. Come mio solito, rispetto a quanto già reso noto nel 1905 (vedi Rassegna Pugliese, Fascicoli 11-12), ho aggiunto altre notizie mai pubblicate.


A parlarci è il nostro amico Corrado Pisani, grande appassionato di storie molfettesi, condividiamo un'altra sua ricerca, offerta generosamente all'Associazione Oll Muvi, attraverso il sito web "www.ilovemolfetta”, affinchè non si perda la memoria.


Il primo molfettese a frequentare questa prestigiosa Università fu tale Meolo iudicis Iohannis de Melficta (19 maggio 1438). Seguirono Fabritio Rufulo, Artis Medicinae Doctor ossia dottore in arte medica (abbr. A.M.D.) già in data 17 febbraio 1501; Antonillus de Melfito (1505), promotor jure canonico; Dionisius de Molfetta (1530), legum scholaris e consiliarius della natio Romana;

Diomede Lepore (al fonte battesimale Aniballe Diomede, b. 20 febbraio 1498 - m. 5 febbraio 1583), figlio di Evangelista. Nel 1519 studiava in Padova. Nel 1530 (?) fu governatore di Rossano (Cosenza), Matera, Sanseverino, Gravina, Giovinazzo. Fu Avvocato Fiscale in Lodi, principale città della Lombardia.

Fu, infine, cattedratico di Diritto nella Università di Padova. Diomede Lepore fu una figura di spicco nei fatti che portarono al “Sacco” della nostra città. Ritenuto traditore della Patria fu esiliato e gli furono confiscati i beni. Fu escluso da un primo indulto dalla Duchessa di Termoli (Isabella de Capua) e inserito in un secondo indulto del 4 agosto 1531 concesso dal Principe di Molfetta e volontà dell’Università. Nel 1542 il magnifico Utriusque Juris Doctor ossia Dottore in entrambi i diritti (canonico e civile, abbr. U.J.D.), Diomede Lepore era rientrato in città. Nel 1576 circa si unì in matrimonio con Camilla Michiello vedova di Angelillo de Bove che gli diede due figli Lucrezia (b. 29 maggio 1577) e Marcello (b. 28 febbraio 1580).

Ioannes Matheus de Andreula (n. 1521 circa - m. 27 agosto 1573), figlio di Petrello. Nell’anno 1538 era legum scholaris (studente di legge).
Leonardo Passeri (al fonte Leonardo Armicio, b. 14 ottobre 1515 - m. post 1556/ante 1561), figlio di Alfonso e Covella Gadaleta. Dottore in legge il 18 agosto del 1539. Rientrato a Molfetta, prima del 1542, Leonardo Passari si unì in matrimonio con Cornelia Passari.

Alphonsus Lucanus (al fonte Alfonso Quirico, b. 20 luglio 1516 - m. ante 1561), figlio di Gregorio Quintiliano de Luca e Tonta de Andreola. Il 25 agosto 1543, l’A.M.D. messer Alfonso de Luca risultò uno dei diciotto “eletti” della piazza dei Nobili per il nuovo esercizio finanziario dal 1° settembre 1543 al 31 agosto 1544. Ebbe per moglie Porzia Volpicella.

Pomponio Maranta (Napoli, m. post gennaio 1595). Figlio di Roberto Maranta di Venosa e Beatrice Monna di Molfetta. Dottore in legge il 18 agosto 1542. A Padova rimase con l’incarico di lettore sino al seguente 1° novembre 1542. Rientrato a Molfetta, nel 1543 Pomponio si sposò con Maria Pascarella Gadaleta detta Pasca, sorella del barone Galante Gadaleta.
Dal 1° settembre 1553 al 31 agosto 1554 fu Consigliere nobile del Reggimento dell’Università. Il 6 febbraio 1555, per delibera decurionale, fu nominato avvocato difensore dell’Università di Molfetta nella causa che si stava svolgendo in Napoli contro Francesco Maria de Luca, cessionario della nobile Joannella de Candida. Il de Luca pretendeva la restituzione del possedimento «dicto lo Casale [di San Primo] quale fo venduto ad decto Francesco Maria dala decta Universita dele robbe» sequestrate ad Aurelio Rufulo.
Pomponio Maranta fu procuratore generale e agente dell’Università di Molfetta in Napoli una prima volta, dal 26 novembre 1559 al 1569, ed una seconda volta, dal 3 settembre 1576 al 31 agosto 1583. Nel 1592, Pomponio fece collocare un’epigrafe in ricordo di suo padre Roberto nella cappella di famiglia, posta nella chiesa dei Santi Severino e Sossio in Napoli.

Il suo nome vive ancor oggi nella toponomastica molfettese grazie alla presenza nel Foglio Catastale n° 45 della contrada chiamata Macchia Pomponia già Macchia di Pomponio. Infatti, nel 1556, in questa stessa zona allora denominata Pozzo Giusto, Pomponio Maranta era proprietario di un fondo rurale di 32 vigne e mezzo. Il latifondo, appartenuto già al notaio Antonio de Nisis (1526-1552), prima del 1561 fu ceduto da Pomponio ad Alessandro Passari. Il possedimento era situato nella zona di terreno situata di fronte la torre di Cicaloria, delimitata a mezzogiorno (Sud) dalla strada vicinale Porcile ed a ponente (ovest) dalla strada vicinale Mino. In più, grazie ad uno studio del ricercatore prof. Stefano De Mieri, possiamo conoscere il volto di Pomponio Maranta (vedi foto), individuato nel gentiluomo in gorgiera a destra raffigurato sulla pala della Deposizione del pittore Girolamo Imperato, commissionata dal Maranta allo stesso pittore per collocarla nella cappella di famiglia, attualmente sistemata nel braccio del transetto (leggi: S. De Mieri, Girolamo Imperato nella pittura napoletana tra ‘500 e ‘600, Arte Tipografica Editrice, Napoli, 22 giugno 2009, pagg. 163÷168, fig. 85).

Alessandro Gadaleta (al fonte Alexandro Antonello, b. 29 marzo 1523 - m. 22 febbraio 1572), figlio dei coniugi Galante Gadaleta e Antonia de Agno, nonchè nipote di Pasca Gadaleta moglie di Pompeo Maranta. Alessandro, negli anni 1544-45 e 1549-50, fu consiliarius della natio Romana juristarum. Il 15 febbraio 1563 fu eletto Vescovo di Nusco. In quel periodo era stato pubblicato il Concilio Tridentino e poichè il Pontefice ne aveva disposto l’applicazione, il nostro Alessandro si impegnò a farlo eseguire, eliminando molti abusi. Questa operazione però gli procurò molti nemici che gli scatenarono contro una forte opposizione, tanto da accusarlo di vari delitti presso la Santa Sede. Quest’ultima inviò un Vicario Apostolico. Processato, fu costretto a lasciare la Diocesi di Nusco ed a ritirarsi nel monastero di S. Severino, in Napoli. Il 22 febbraio del 1572 morì e fu sepolto nella cappella della famiglia Maranta nella stessa chiesa dei Santi Severino e Sossio. Vent’anni dopo il decesso (1592), sua zia Pasca Gadaleta fece collocare un epitaffio in sua memoria.

Scipio Gadaleta (al fonte Scipione Lutio, b. 24 marzo 1555 - m. post 1599), primo di sei figli dei coniugi Francesco Gadaleta e Isabella Lecore di Alessano. Scipione si trasferì prima nella città di Cassano poi in quella di Alessano, dove era residente nel 1574. In quello stesso anno (1574), in Alessano, all’età di 90 anni, fu trovato ucciso Donato Lecore di Tricase, zio di sua madre. Di questo delitto fu accusato, sembra ingiustamente, proprio Scipione Gadaleta, pronipote dello stesso Lecore. Condannato alla forca, il Gadaleta mediante il pagamento di una grossa somma di danaro riuscì ad ottenere la galera dalla quale riuscì prima a liberarsi e poi fuggire. Espatriò e si rifugiò in Padova. Qui, nel 1582, era consiliarius Romanus Iuristarum.
Ioannes Andrea degl’Ippoliti, che tentò in medicina il 19 giugno 1603.

to be continued ...

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