Molfetta e la torre dell ' orologio

 

Molfetta e la torre dell ' orologio

 

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Molfetta, 17/11/2023


Se è vero che la città di Molfetta era dotata di un muro di difesa sin dal 1168, è altrettanto vero che sin d’allora doveva esistere una porta per permettere l’accesso e l’uscita dalla stessa.



Ristrutturata, verosimilmente, dopo il 1481 la porta dovette essere riammodernata nel primo ventennio del XVI secolo, considerato che a sinistra della stessa si trova un’immagine in pietra della Madonna della Grazia, alla cui base si legge OPUS PAULI 1520 che dovrebbe indicare il suo realizzatore ossia il maestro lapicida Paolo Catalano di Cassano. L’edicola fu poi completata e abbellita con l’aggiunta della cornice e del timpano e sulla quale fu scolpita la frase MONSTRA TE ESSE MATREM 1606.

A raccontarci questi "pezzi di storia" della città di Molfetta è il nostro amico Corrado Pisani, un grande appassionato di storie molfettesi, in questa sua ricerca descrive qualcosa a cui "molti emigrati e non solo" cercano risposte alle diverse domande. Attraverso il sito web "www.ilovemolfetta.it", dell' Associazione Oll Muvi, condividiamo diverse sue ricerche, affinchè non si perda la memoria.

La porta, intanto, doveva essere stata già dotata di un orologio considerato che le Significatorie dell’anno 1541 annotano una spesa di 6 ducati per la manutenzione degli orologi che non dovevano essere più di due: uno collocato sul campanile della chiesa Matrice (odierno Duomo) e l’altro sulla porta maggiore della città.
Il 12 settembre 1564(63)
i Sindici disposero un mandato di pagamento di 17 ducati a favore di messer Barlongiero (o Berlingiero) di Bitonto, mastro de orologi, per aver eseguito la riparazione (acconzatura) dell’orologio sulla porta maggiore. In realtà, però, l’orologio fu condotto a Bitonto, riparato e riportato nella nostra città.

Durante la riparazione, l’Università si preoccupò di far ristrutturare, rinforzare e rendere stagno il locale dove era allocato l’orologio, opere queste che portarono il costo complessivo di tutta l’operazione a poco più di 22 ducati.

Dieci anni dopo, il 10 marzo 1574, in Lecce presso il notaio Cesare Pandolfo, venne rogato un contratto con l’Università di Molfetta e il maestro orologiaio (Ni)Cola Maria Gricelli per la fornitura di un nuovo orologio da collocare sulla porta per la somma di 50 ducati. I particolari di questo orologio furono riportati nel 1965 dalla studiosa Fausta Giovannini Vacca (leggi G. Cosi, Il notaio e la pandetta, Congedo Editore, 1992, pag. 175). Tra la metà del mese di settembre dell’anno 1607 e il 24 gennaio 1608 l’orologio venne sostituito da un nuovo modello.

Il 3 maggio 1714 mastro Filippo Valentino di Bitonto e mastro Paolo Valentino di Bitonto, sposato e residente in Molfetta, e mastro Vito Bocassino, muratori, promisero e si obbligarono ai magnifici Giuseppe Nicolò de Nesta della Piazza de’ Nobili e Giacomo Calò della Piazza del Popolo, Sindici dell’Università di Molfetta di «abbattere il restante della Porta della Piazza con tutte legate all’istessa Porta» e «cacciare la Porta à linea della Piazza», opera che si doveva realizzare «secondo il disegno che si conservarà in piedi del p(rese)nte istrom(en)to» (Figura 1). Il lavoro doveva essere terminato entro il 15 agosto 1714 e tutto per il concordato prezzo di 787 ducati, come stabilito a seguito di un’asta pubblica.

A metà agosto 1715 l’orologio fu ricollocato al suo posto sopra la porta della città. Ad accordarlo in questo periodo fu chiamato mastro Francesco Antonio Signorile con una provigione annua di 12 ducati, stabilita in base ad una Conclusione decurionale risalente all’esercizio finanziario 1671-1672.

Nel trimestre compreso tra i mesi di febbraio e maggio del 1749 a Molfetta sostarono Tommaso Tomasini e sacerdote D. Vito Marco Tomasini, zio e nipote, maestri orologiai di Cassano, per montare e mettere a punto un nuovo orologio ad ore e quarti. Il costo dell’intera operazione raggiunse la cifra di 178 ducati, ripartiti in 155 ducati per il lavoro di montaggio e prezzo dell’orologio e 23 ducati spesi per la realizzazione dell’apparato meccanico per i contrappesi da montare all’orologio e lavori extra per installare il nuovo orologio.

L’arrivo dei francesi in Italia (1796) portò ad un cambio di sistema per il conteggio delle ore. Si passò dal cosiddetto sistema italiano a quello francese.

Il primo (italiano) era basato sul movimento (apparente) del sole dove la mezzanotte coincideva con il tramonto del sole (annunciato con la campana dell’Ave Maria) e il giorno nuovo iniziava subito dopo. Il sistema francese, fondamentalmente quello attualmente in uso, prevede due momenti fissi della giornata: il mezzogiorno e la mezzanotte. Secondo questo sistema l’ora 24 coincide con la mezzanotte, quando finisce il giorno e subito dopo ne inizia uno nuovo.

L’introduzione del nuovo metodo comportò un adeguamento dei quadranti degli orologi (passando dalla suddivisione in 24 ore a quella in 12 ore) e conseguente modifica del meccanismo. Il Regio Decreto 3224 in data 22 settembre 1866 stabili che nel Regno diversi servizi (ferroviari, telegrafici, postali, messaggistiche e dei piroscafi) dovevano essere regolati utilizzando il tempo medio di Roma.

Il nuovo sistema, quindi, impose la necessità di sostituire le macchine degli orologi, operazione che si rese necessaria anche per la nostra città.

Nel 1885 l’ingegnere Gaetano Valente redasse un progetto che prevedeva modifiche alla vecchia torre civica affinchè potesse accogliere il meccanismo di un nuovo orologio. Si preferì, invece, un altro progetto che contemplava l’abbattimento della vecchia sistemazione. In quello stesso anno (1885) il consiglio municipale deliberò la demolizione e la ricostruzione della torre per l’impianto di un pubblico orologio sulla porta della città vecchia.

Progettista della nuova costruzione (una torre monocuspidale) fu l’ingegnere molfettese Angelo Panunzio.

Il disegno della stessa (Figura 2) fu eseguito dall’ingegnere civile Sabino Panunzio, fratello di detto Angelo.

Ma chi erano gli ingegneri coinvolti in questa costruzione?

L’ingegnere Angelo Panunzio (n. 30 settembre 1849 - m. ante 1915) era figlio del proprietario Antonio Panunzio fu Michele e Mariantonia Pansini fu Angelo. Il 27 settembre 1887, in Santeramo, Angelo Panunzio si sposò con la gentildonna Prudenza Addolorata Anna Tangorra (n. 27 ottobre 1866) di Santeramo, figlia di Costantino e Giustina Samarelli, che gli diede nove figli.

L’ingegnere Sabino Panunzio (n. 15 dicembre 1851), fratello del precedente, ottenne il diploma d’ingegnere civile nel 1883 presso la Regia Scuola d’applicazione per gli Ingegneri in Napoli. Il 13 ottobre 1894, in Molfetta, Sabino Panunzio si sposò con la Direttrice Didattica Marianna Maltese di Catanzaro, figlia del fu Gregorio e Benedetta Contursi, che gli diede due figli. Riguardo Anna Maltese è interessante dire che fu direttrice (almeno sino al 1917) del Giardino d’infanzia di Molfetta, fondato ufficialmente nel 1870 (lo Statuto datava al 9 agosto 1869). L’asilo municipale, frequentato da bambini dai tre ai sei anni, riceveva oltre 250 bambini di entrambi i sessi, di cui oltre 100 tra i figli dei richiamati o di profughi, ed oltre 150 tra i figli bisognosi disoccupati.

Nel 1915 l’organizzazione prescolastica molfettese veniva così descritta «A tutti questi bimbi vien dato gratuitamente ricovero, assistenza morale e civile, oltre una sufficiente refezione quotidiana. La bella istituzione venne esplicata mercè opera assidua e premurosa del presidente funzionante professor Giacomo Salvemini, della direttrice Anna Panunzio Maltese, di sua sorella signorina Teresa e dall’altra maestra d’asilo signorina Picca Caterina. Encomiabili le signorine normaliste: Rosaria Lanza, Lucrezia Germinario, Marta Tridente, Francesca Cozzoli, Lucia Rotondella, Rebecca Giaccari, Loreta Giancaspro, Anna e Giuseppina Marcotrigiano, Ada Buonpensiero e Francesca Sallustio, che con grande slancio e disinteresse prestano servizio di assistenza».

La nuova torre civica (alta 28 m. dal piano stradale) fu costruita a cavallo degli anni 1885 e 1886.

La struttura è visibile in una foto (che riportiamo in parte nella Figura 3), datata novembre 1891/gennaio 1892, del fotografo viterbese Romualdo Moscioni.

Pochi anni dopo, il 6 marzo 1897 il Consiglio Comunale di Molfetta deliberò unanimemente la sua demolizione perchè «trovandosi da tempo tutta screpolata nei piani che la compongono, è addivenuta un permanente pericolo» (P. Modugno - L. la Forgia, Storia di Molfetta, La Nuova Mezzina, 2019, p. 167).





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