Il vernacolo molfettese a Zurigo |
MOLFETTA 30/11/2018 L’ Università di Zurigo si interessa al vernacolo molfettese. In Città due ricercatori hanno condotto uno studio su generazioni differenti Le forme dialettali del lessico quotidiano rappresentano soprattutto oggi uno dei pochi nessi che le generazioni moderne mantengono con il passato. Un dialetto tutto particolare quello dell’Italia Meridionale, tanto da attirare da sempre gli studi di importanti dialettologi. Clemente Merlo è uno di questi: padre della dialettologia moderna, nel 1917 aveva condotto importanti studi sul dialetto molfettese, legati soprattutto all’utilizzo degli articoli determinativi e indeterminativi. Uno studio che, dopo cento anni, è stato ripreso dall’Università di Zurigo attraverso due suoi ricercatori, Giovanni Manzari e Federica Breimaier, giunti a Molfetta per toccare con mano una realtà ancora viva, ma comunque in forte evoluzione. Seppure gli studi dei due ricercatori siano del tutto complementari, per alcuni versi si basano su aspetti differenti. Se da un lato la giovanissima dottoranda è più incentrata su un percorso psicolinguistico delle forme dialettali, Giovanni Manzari, originario di Bari, è un esperto di fonetica e basa il suo studio anche su un confronto con il dialetto di altre città limitrofi. Durante il loro breve soggiorno a Molfetta hanno incontrato gente, di generazioni diverse, a cui hanno sottoposto un questionario atto a comprendere come e se il vernacolo molfettese abbia, negli anni, subito una sua evoluzione. Un breve video e un racconto di tradizione molfettese in "dialetto" realizzato da Don Giuseppe de Candia e inserito sul canale you tube dell' Associazione Oll Muvi, quelli di #ILoveMolfetta. Diversi i video inseriti del "nostro" territorio. «Partendo dallo studio condotto da Merlo cento anni fa – hanno commentato i due ricercatori – abbiamo preso in considerazione anche altri elementi della vostra grammatica come gli aggettivi dimostrativi e i pronomi clitici, mettendo per un attimo da parte i suoni». Seppure lo studio sia ancora in atto e prevede una più precisa elaborazione dei dati, le prime impressioni hanno lasciato un messaggio chiaro: continuare a parlare il dialetto, tramandandolo ai propri figli, è l’unico modo per confermare quel radicamento al territorio che sempre più spesso va perdendosi. Clemente Merlo aveva selezionato una serie di nomi neutri che oggi probabilmente sono associati al maschile. «Nello studio che pubblicheremo – hanno proseguito i ricercatori – evidenzieremo proprio quest’evoluzione linguistica principalmente dovuta al disuso di questa terminologia e un adattamento all’italiano. Educare i propri figli, quasi censurando il diletto, è un errore da non compiere». Una ricerca che avrà sicuramente un suo seguito in un secondo momento. «In base ai risultati raccolti e alla loro elaborazione – ha concluso Federica Breimaier – conto di tornare a Molfetta per condurre con una parte dei parlanti ascoltati ulteriori indagini di carattere psicolinguistico». fonte La Gazzetta del Mezzogiorno Ed. Bari scritto da Matteo Diamante |
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