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Negli Stati Uniti alla ricerca della cittadinanza italiana


Negli Stati Uniti alla ricerca della cittadinanza italiana MOLFETTA 09/11/2017

La vendetta dello ius soli ha i volti e i nomi degli italiani di ritorno, centinaia di uomini e donne con passaporto americano ma sangue e luogo di nascita tra la Val d’Aosta e la Sicilia. Dopo anni hanno deciso di riconquistare a ogni costo un pezzo del loro passato e rivendicare il diritto di essere italiani come sono nati, e molti di loro anche cresciuti.

"Tra questi anche molti emigrati molfettesi rivendicano le proprie origini: un diritto."

Mentre la politica discute e si scontra sullo ius soli senza trovare un accordo, da un angolo di passato riemerge la storia dimenticata di uno dei più imponenti casi di adozione di massa per l’Italia: avvenne tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta e coinvolse almeno 3700 bambini. Erano figli non riconosciuti, ma anche piccoli sottratti con l’inganno a genitori che speravano di poterli rivedere prima o poi. Erano il frutto amaro di un’Italia che iniziava appena a liberarsi dalle macerie e dalla povertà della seconda guerra mondiale, ma era ancora lontana dal benessere diffuso degli anni successivi. I bambini venivano mandati negli Stati Uniti seguendo percorsi ai limiti della legalità, a volte anche del tutto illegittimi.

Il traffico andò avanti indisturbato sino alla fine degli anni Cinquanta, quando esplose lo scandalo dei bambini deportati negli Stati Uniti. Il caso finì in Parlamento e il ministero degli Esteri dovette correre ai ripari, assicurando che da quel momento in poi le adozioni avrebbero seguito regole precise e che comunque i consolati italiani avrebbero seguito le pratiche di tutti gli orfani fino alla maggiore età.

A sessant’anni di distanza i bambini sono ormai anziani, ma delle promesse di prendersi cura dei loro percorsi si è persa traccia. Chi va in consolato a chiedere di ripercorrere il cammino a ritroso per ritrovare le origini si vede chiudere le porte o al massimo incontra una gran confusione. Alla richiesta di accedere ai dati biologici per dimostrare di avere diritto alla cittadinanza spesso non ci sono risposte o al massimo ci si scontra con muri di gomma.

La battaglia

È iniziata così la battaglia di questo gruppo di italiani di ritorno rappresentati dall’associazione Italiadoption guidata da John Pierre Battersby Campitelli. «Dove sono finiti i 3700 italiani adottati negli Usa? Stiamo iniziando il puntiglioso lavoro di ricostruire la diaspora e di documentare le storie di ciascuno di loro», spiega. Gli obiettivi sono due: «Vogliamo ottenere il #dirittoalleorigini senza discriminazioni di nessun genere (anche per i residenti all’estero) e vogliamo il riconoscimento della doppia cittadinanza per tutti i figli della diaspora senza lungaggini burocratiche».

Le armi a loro disposizione per vincere la battaglia sono molte. Potrebbero approfittare della caduta del segreto sulle origini avvenuta dopo le sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione, ma si tratta di un percorso lungo e costoso: la solita burocrazia italiana prevede che si vada in Italia a fare richiesta. In alternativa si stanno procurando le prove che i minori emigravano solo con il consenso dei consolati e che quindi ora i consoli non possono far finta di nulla. «Dai documenti dell’epoca risulta che il Consolato doveva informare il Ministero degli Esteri sulla situazione morale, religiosa e economica della famiglia adottiva. Il minore italiano emigrava solo con il loro consenso e doveva essere registrato nell’anagrafe consolare e seguito nel suo inserimento nella famiglia adottiva americana fino al compimento dei 18 anni. La cittadinanza italiana, quindi, era conservata nonostante fossimo poi naturalizzati come cittadini americani da minorenni», spiega il presidente di Italiadoption.

Le richieste di tornare a essere cittadini italiani, quindi, stanno aumentando. E la questione sta per essere inserita in un’interrogazione parlamentare.

A firmarla sarà l’onorevole Fucsia Nissoli che ad agosto ha anche provato a scrivere all’ambasciatore italiano negli Stati Uniti chiedendogli di «intervenire per predisporre una procedura valida per tutti i consolati italiani in Usa». Per ora, il ministero degli Esteri si è limitato a rispondere ufficialmente che: «L’Ambasciata d’Italia a Washington, in stretto coordinamento con i Consolati interessati e con le competenti istanze italiane, sta seguendo alcuni casi segnalati dall’Associazione Italiadoption. Ogni caso presenta profili diversi ed è diverso dagli altri».

Non è la risposta che si aspettavano, ma la battaglia degli italiani che vogliono tornare a essere italiani è appena agli inizi.

fonte: LaStampa.it
 


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