La Passione di Cristo |
MOLFETTA 12/03/2012 "Padre allontana da me questo calice, ma non la mia ma la tua volontà sia fatta". Con questa invocazione, a Molfetta prende avvio la Passione di Cristo che, ormai prossimo alle ore funeste del Suo patire, dopo essersi fermato a pregare nell’orto degli ulivi, rivolge al Padre una richiesta “umana”, segno tangibile della sofferenza che avrebbe subito per la redenzione dell’umanità. Qualcuno afferma che un’opera d’arte aiuta i fedeli a comprendere il mistero della fede ed a immedesimarli maggiormente nei momenti della passione, trasportati dalla pietà e dal sentimento emozionale che un volto, uno sguardo possono suscitare. A tal proposito si può affermare senza ombra di dubbio che i molfettesi siano certamente avvantaggiati i questo dal momento che, più che in qualunque altra parte di Puglia, a Molfetta è possibile ammirare dei veri e propri capolavori dell’arte. Come preannunciato qualche giorno fa, approfittando dei recenti lavori di restauro che hanno interessato i cinque Misteri, statue lignee di proprietà dell’Arciconfraternita di Santo Stefano, ci soffermeremo a vagliare una per una le immagini del Cristo colto in tutti gli aspetti della sua passione e morte. Rigettando la bella favola che vuole che i Misteri provengano da Venezia grazie ad un tale Lepore che li donò all’Arciconfraternita dopo una miracolosa guarigione del figlio gravemente ammalato di scorbuto, è preferibile prendere in considerazione l’ipotesi che le statue siano di scuola napoletana, come supposto da più critici a seguito di accostamenti ad altre opere lignee del seicento, tutte di artigiani partenopei. Fino ad oggi non è stato possibile (o non si è voluto?) datare con precisione le statue e soprattutto non si è potuto (o non si è voluto?) conoscere l’autore di questi capolavori anche perchè la statua originale del Cristo orante nel Getzemani (dove presumibilmente erano apportate la firma o le iniziali dell’autore) è andata distrutta perchè, a dire delle poche e incongruenti fonti dell’epoca, estremamente rovinata dal tarlo. Fu così che nel 1858 l’Arciconfraternita di Santo Stefano commissionò all’artista napoletano Gaetano Larocca una copia dell’originale molto simile nello stile e nella postura a quella precedente di cui non ci è dato sapere più nulla. I recenti restauri eseguiti dalla ditta Galante di Mola di Bari hanno portato alla luce notevoli rimaneggiamenti e interventi posticci come quelli eseguiti sul manto del Cristo. La ripulitura ha eliminato il materiale coprente lucido e scuro causato dagli agenti atmosferici, dal fumo delle candele e dall’umidità che compromette notevolmente la degna conservazione delle opere d’arte. Il primo Mistero di Passione è completato dalla presenza dell’angioletto nell’atto di offrire al Cristo il calice amaro delle pene, dei patimenti e della sofferenza fisica che si troverà ad affrontare di lì a poco il Figlio dell’Uomo. In ultimo, l’elemento che più arricchisce la scena è il tronco d’ulivo su cui è innestata la cosiddetta “frasca” d’ulivo. Il rituale dell’”addobbo” di Cristo all’orto spetta ancora alla Confraternita di Maria SS. Assunta in Cielo, di Molfetta, che da sempre copre e custodisce gelosamente i rami di ulivo per tutto il periodo invernale così che si possa allestire un ramo rigoglioso e pieno di olive anche dopo l’inizio della primavera. Al termine della processione del Venerdì Santo il ramo viene portato via dall’Amministrazione della Confraternita dell’Assunta che distribuisce i ramoscelli benedetti tra i confratelli come simbolo d’augurio pasquale. |
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