Villa Tortora, agro molfettese, ricerca storica |
MOLFETTA 23/08/2023 Il fondo notarile di Molfetta, composto da 2557 volumi (chiamati protocolli, tutti esaminati dal sottoscritto), custodito nella Sezione di Archivio di Stato di Trani, conserva un migliaio di rogiti che consentono di mettere in ordine cronologico la storia di molti fabbricati (rurali e urbani). Centinaia di atti costituirono le “fonti” principali del mio testo “Le torri dei molfettesi”, finito di stampare nel settembre 2000 per i tipi della tipografia del compianto Angelo Alfonso Mezzina. Condividiamo ancora una documentazione realizzata dal nostro amico Corrado Pisani, un grande appassionato di storie molfettesi, molte sue ricerche sono pubblicate sul sito dell'Associazione Oll Muvi, ilovemolfetta.it , le sue "micro - preziose - ricerche", vengono apprezzate soprattutto dagli "amici emigrati molfettesi" sparsi nei cinque continenti. Continua a parlarci Corrado: Altri atti li ho tenuti da parte in attesa di poter dare loro una veste degna della loro importanza. Una delle strutture rurali espunte da quel lavoro, che costituisce uno degli ultimi baluardi del riconoscimento toponomastico dell’agro molfettese, è Villa Tortora. Ed è proprio questo immobile il soggetto di questa ricerca che, pur essendo parte di uno scritto più ampio e di carattere scientifico, riporto per i lettori del web in forma di “sunto” (mantenendo l’attendibilità del contenuto). Le vicende di Villa Tortora prendono corpo dal 28 febbraio 1762.[/i] Quel giorno, i maestri muratori Biagio Conte e Domenico Sgherza promisero a Mauro Petruzzella, proprietario dal 1752 di un fondo rurale della superficie di una vigna (già appartenuta a tale Paolo Magarelli), di costruire «un cortile per uso di bovi; consistente in un camerone lungo palmi quaranta e largo palmi quindeci colle pettorate, che appaiono ai palmi dieci otto, con sette mangiatoje ad arco. In una pagliera attaccata a detto lamione, che sia lunga palmi venticinque, e larga palmi venti uno, ed alta palmi quindeci, colle pettorate, che appaiono ai palmi dieci otto; di più farci le fabriche del cortile in palmi dieci otto alte, che sian lunghe palmi cinquantadue e larghe per quello tocca al camerone palmi sedeci, e per quello tocca alla pagliera palmi trenta, con farci le porte, portone ed altri membri necessarj ... situato in loco detto l’entica della pedata di Orlando... per il prezzo di Docati settanta», escluso il materiale che sarebbe stato a carico del committente. L’atto notarile attesta che gli stessi maestri muratori avevano realizzato un pozzo nello stesso terreno. Nel periodo (1751-52) il nucleo familiare di Mauro Petruzzella era composto dallo stesso Mauro, massaro di anni 50, da sua moglie Isabella de Biaso (di anni 46), e da cinque figli (quattro femmine ed un maschio) chiamati Elisabetta (di anni 21), Laura (di anni 16), Caterina (di anni 8), Vitangelo (di anni 6) e Maria (di anni 3). Nel medesimo periodo Elisabetta Petruzzella, figlia di Mauro, si unì in matrimonio con Vito Azzollino, figlio di Leonardo Antonio e Porzia de Gioja. Dalla loro unione nacque Sergio Azzollino (n. 31 ottobre 1765 - m. 13 ottobre 1847) che, per capitoli matrimoniali rogati in data 24 gennaio 1790, sposerà Olimpia Murolo (m. 13 giugno 1837), figlia del defunto Antonio Murolo e di Pasqua Ancona. Nel 1808 Sergio Azzollini era proprietario del medesimo fondo rurale con «una torre, consistente in due stalloni e due camere soprane, con piscina d’acqua... sita ove dicesi la Pedata di Orlanta», già appartenuto al suo nonno materno. Quattro anni dopo (1812), a causa di un debito, il Tribunale di Prima Istanza in Trani dispose ad Olimpia Murolo moglie di Sergio Azzollini la vendita del terreno, incluso “casino e camerone da bovi”, situato in contrada Belvedere. Il fondo rurale, nel mese di dicembre 1812, era già stato acquistato dal bottaio Giuliano Valente fu Domenico che, tuttavia, solo nel giugno del 1816 divenne proprietario a pieno titolo della «torre con tre stanze, cortile per bovi e stalla», situata in luogo detto “Crocifisso del Belvedere”. L’8 dicembre di quello stesso anno (1816) il bottaro Giuliano Valente rivendette la struttura al proprietario Girolamo Pansini alias sciglio (scìgghie; n. 1749 ca. - m. 16 febbraio 1835). In epoca successiva, i figli del defunto Girolamo Pansini iniziarono a mettere su famiglia. Il 31 agosto 1846 Carmela Pansini (alla fonte Carmina Pasqua, n. 19 aprile 1829) sposò il cavaliere Loreto Tortora (n. 29 settembre 1825), figlio di Gennaro Tortora (Manfredonia, n. 1791 ca. - Molfetta, m. 1° ottobre 1857) e di Susanna Fraggiacomo (n. 9 settembre 1799 - m. 4 gennaio 1882). I nonni di Loreto furono il Pasquale Tortora ed Eleonora de la Grennelais de Cesbron. Il 26 ottobre 1847 Michele Pansini fu Girolamo si unì in matrimonio con Giovanna de Judicibus, che morì il 27 ottobre 1853. Da questo (primo) matrimonio nacquero quattro figli (tre femmine, un maschio). Il 28 luglio 1878, Maria Geronima Pansini (figlia di Michele e Giovanna de Judicibus, n. 10 ottobre 1849) sposò Errico Tortora (Manfredonia, n. 19 agosto 1819), fratello del citato Loreto. Dall’unione tra Errico Tortora e Maria Geronima Pansini nacque Eleonora (n. 15 aprile 1888 - m. 10 ottobre 1965). Il 9 aprile 1855, Michele Pansini fu Girolamo passò a seconde nozze con Gaetana de Judicibus, sorella della prima moglie. Il seguente 11 maggio, i fratelli e sorella Pansini, nelle persone del sacerdote Giuseppe (n. 27 giugno 1821 - m. 15 novembre 1883), Michele (n. 8 novembre 1826) e Carmina (n. 19 aprile 1829), divisero i beni ereditati dai defunti genitori (Girolamo Pansini e Giovanna de Gioja). L’eredità, del valore netto di lire 23.553, comprendeva diversi terreni, un casino di cinque stanze in contrada Casale (intendi il Casale de le scìgghie) ed una torre di tre stanze in contrada Crocifisso del Belvedere che restò assegnata a Michele Pansini. Dieci anni dopo, il 29 agosto 1865 il proprietario Michele Pansini morì. L’anno seguente, dal 12 febbraio al 7 marzo 1866, fu eseguito l’inventario della sua eredità. Tra i diversi latifondi c’erano Macchia Pomponia di ventidue vigne, una casa rurale in contrada Pedata d’Orlando ed un terreno di diciassette vigne e mezzo al Casale con casa rurale composta di cinque stanze soprane, stallone, cortile e stalla. Valore dell’eredità al netto era di 77.067 lire e 61 centesimi. Dal secondo matrimonio Michele Pansini aveva ricevuto altri sette figli (quattro femmine, tre maschi). Ad una delle bimbe fu imposto il nome di Susanna Pansini (alla fonte Susanna Immacolata, n. 5 novembre 1862) che, il giorno 26 aprile 1885, sposerà il possidente Domenico De Lago. Il 4 novembre 1870 i coniugi Loreto Tortora e Carmela Pansini ricevettero (come quota ereditaria) il «predio rustico insieme alla casa rurale ... di vigne due ... in contrada Pedata di Orlando, Crocifisso e Belvedere confinante colla strada pubblica rimpetto alla ferrovia ... dalla parte di settentrione», già appartenuto al suo defunto fratello Michele Pansini. Da questo momento l’immobile rurale, sin allora senza alcuna denominazione, iniziò ad essere chiamato Villa Tortora. Ristrutturato, sull’arco della porta di ingresso venne collocata l’iscrizione (ancor oggi presente): EDIFICATO 1762 - AMPLIATO 1870. Ivi è posto un’arme gentilizia che contiene due piccoli scudi ovali (ancile), poggiati sopra una croce biforcata (di Malta), che mostrano i blasoni della famiglia Tortora (d’azzurro, a tre monti di verde, moventi dalla punta; quello di mezzo più alto, cimato da una tortora al naturale; con tre stelle di sei raggi d’oro nel capo, ordinate in fascia) e della famiglia Pansini (di ............., alla banda di ......., accompagnata da tre teste di uomo al naturale). Dietro lo scudo, uscenti dai lati dello stesso, quattro lance in croce di S. Andrea. Sul tutto è collocato un nastro che riceve il motto: BENEFACERE ET LÆTARI (Agire bene e gioire). Lo stemma riportato sulla foto, derivato dall’unione delle armi Tortora e Pansini, è quello che il cavaliere Loreto Tortora aveva fatto imprimere sul suo bigliettino da visita. Il 1° agosto 1903 il cavaliere Loreto Tortora fu Gennaro, in rappresentanza del barone Loreto Tortora Brayda fu Carlo, residente in Napoli, vendette per lire 16.100 a Domenico De Lago «il fondo colla Torre Antica conosciuta sotto la denominazione di Torre Capitanio». Latifondo che, nel 1960, Susanna Pansini vedova Domenico De Lago, donò a favore della Piccola Missione dei Sordomuti. Eleonora Tortora di Errico, invece, donò allo stesso istituto il terreno e Villa Tortora, in contrada Poggio Reale, dopo averli ereditati per morte dello zio paterno, Loreto Tortora (m. 4 marzo 1916) vedovo di Carmela Pansini, e di suo fratello Gennaro Tortora di Errico (n. 16 agosto 1880 - m. 21 novembre 1946). Fu, quindi, merito di queste due gentildonne e benefattrici (Susanna Pansini ed Eleonora Tortora), zia e nipote, che a Molfetta sorse l’opera Don Gualandi per sordomute anziane. Villa Tortora divenne così la “sede” ufficiale a Molfetta della Piccola Missione Sordomuti, oggi conosciuta sotto la denominazione di congregazione religiosa dei sacerdoti “gualandiani”, dal nome del suo fondatore, il Venerabile Servo di Dio Mons. Giuseppe Gualandi (1826-1907), dichiarato tale il 24 aprile 2001 da Papa Giovanni Paolo II. to be continued ... #weareinmolfetta #storiemolfettesi #ricerchestorichedimolfetta #corradopisani #tiportoipuglia #ilovemolfetta #associazioneollmuvi #agromolfettese |
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